CAUCHEMAR, Chapelle Ardente

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Su questo sito negli ultimi tempi si è parlato molto bene di diverse uscite della Nuclear War Now! Productions, l’etichetta americana che dal 2001 a questa parte è il simbolo del black/death più becero e satanico in circolazione (sia dal punto di vista discografico, sia da quello dei live, contando l’omonimo festival che ha luogo ogni due anni a Berlino). Come a volte succede alle etichette, anche nel suo roster c’è una band che non c’entra assolutamente nulla col sound per la quale è rinomata: i Cauchemar, formazione canadese (o meglio, del Quebec) dedita a un heavy/doom fedele alla tradizione e cantato in lingua madre. Attivi dal 2007, hanno in tasca un ep, La Vierge Noire, e un album, Tenebrario, entrambi – appunto – su catalogo NWN.

Questo Chapelle Ardente ripercorre gli stessi territori lungo i quali il quartetto si era mosso in passato: le influenze sono rimaste più o meno le stesse (Judas Priest, Black Sabbath, Sortilege, Witchfinder General e tutto il dark sound nostrano), ma i suoni sono molto più curati e il songwriting è molto più maturo. C’è anche una novità interessante: in alcuni pezzi (“Voyage A Bout De La Nuit”, “La Nuit Des Ames”) ci sono delle parti di organo, che – diversamente dalla quasi totalità della “concorrenza” – non vengono da una tastiera (cosa che ci riporta dritti negli anni Settanta, in cui gente come Keith Emerson e Claudio Simonetti incideva i passaggi che l’ha resa celebre su organi da chiesa direttamente trapiantati in studio). Nonostante rimangano fedeli a un verbo duro a morire, questo è senza ombra di dubbio il loro lavoro più riuscito, in cui vecchie soluzioni stilistiche suonano più fresche e ariose. Si passa da riff notevoli ed efficaci come su “Necromancie” e “Sepolta Viva” a momenti più drammatici come l’arpeggio iniziale di “La Nuit Des Ames”.

Chapelle Ardente, così come il resto della produzione dei Cauchemar, ha quella personalità e quella freschezza che mancano ai milioni di album-fotocopia che in questi ultimi anni stanno uscendo in ambito heavy. Sicuramente la voce femminile e il cantato in francese fanno la differenza, ma c’è una creatività alla base che rende il tutto più onesto e apprezzabile. Anche in queste ultime cose non sono i primi né saranno gli ultimi, ma per il momento sono quelli che sanno distinguersi.

Questo disco fa la felicità di chi ama sia la tradizione, sia l’oscurità, e contribuisce a rendere il catalogo NWN meno settario e blasfemo. Non è da escludere che un album del genere possa interessare anche ai “non adepti”, ai quali lo consigliamo, perché potrebbero rimanerne molto sorpresi.