CALL OF THE VOID, Dragged Down A Dead End Path
Tra i dischi che ha prodotto la Relapse quest’anno c’è anche l’esordio dei Call Of The Void. Il quartetto di Boulder (Colorado), prima noto come Ironhorse, è in giro da soli due anni, e questa sembra essere la sua prima uscita discografica (non ci sono tracce di demo neanche con il nome precedente). Lo stile è quel mix di hardcore, grind, crust, death (e così via) tipico dell’etichetta statunitense. Prendete i Napalm Death di metà anni Novanta, metteteci un pizzico di Assück, un cantato hc e aggiungete quel neocrust alla His Hero His Gone (ma non criminalmente melodico come i Tragedy) che non ha mai smesso di raccogliere consensi: una formula che può regalare diverse emozioni, almeno sulla carta. Questo Dragged Down A Dead End Path ha infatti tutte le carte in regola per essere un buon disco: una produzione ottima, un songwriting abbastanza dinamico, un artwork passabile e presenta un gruppo con una grinta non male. Brani come “Failure”, “Abomination”, “Napalm Lungs” e “Endless Ritual Abuse” sanno alternare benissimo una proposta (di base) grind con delle parti hardcore tutto sommato vincenti. L’unico problema di questo disco (e di questa band) è che ormai con questo sound sono davvero troppi in giro. La stessa Relapse ha sfornato tanti album con queste caratteristiche, alcuni nettamente migliori (ad esempio i Misery Index) e ormai sentire un lavoro del genere non lascia spiazzato più nessuno. D’altro canto non si può neanche dire che sia una pessima uscita: è incredibilmente scorrevole, e questo depone a suo favore, vista la quasi inevitabile monotonia tipica di simili “mischioni” di generi, spesso e volentieri molto amati sia nel vecchio sia nel nuovo continente. Live la band sarà anche capace di mietere vittime, visto il drumming furioso e sempre pronto a improvvisi cambi di tempo, però se le sta a cuore far uscire un capolavoro da uno studio, tocca ancora lavorare parecchio. Due anni di esperienza sono pochi, chissà che in futuro i Call Of The Void non ci regalino qualcosa degno di far parlare di loro molto più di quanto non lo si stia facendo ora. Probabilmente, se siete dei grandi fan di formazioni come la loro, Dragged Down A Dead Hand Path è in grado di rendervi felici, ma se queste sonorità non sono poi così tanto nelle vostre corde, potete pure passare oltre.