CABEKI, Una Macchina Celibe
Una Macchina Celibe si chiude con la magnifica “L’Ultimo Degli Uomini”, maestosa e timida al tempo stesso, e inizia con “Se Quest’Uomo Diventasse Un Meccanismo”, antipasto di strumenti assortiti che sembrano cercare l’accordarsi, per dare poi sfogo a uno splendido duetto acustico/elettrico, tra fingerpicking e slide. Greg Dulli ha sempre sostenuto che per avere un ottimo disco bisognava partire e chiudere alla grande: il secondo lavoro a nome Cabeki (moniker di Andrea Faccioli) segue questa tradizione e si rivela un gioiello come poche altre cose dell’anno appena passato. Andrea è polistrumentista di razza e, in questo caso, utilizza chitarre acustiche ed elettriche, banjo, lap steel, autoharp, piani giocattolo, armonium e altri mille strumenti a corde “libere” o a tasti. Andrea è del giro Die Shcachtel ed El Gallo Rojo e questo è quello che si dice il disco della piena maturità. Splendida collezioni di arazzi strumentali che passano da bozzetti à la Fahey a nuotate nelle acque storte e multicolori dei Gastr Del Sol, sino a incroci degli universi che stanno tra questi due nomi. Grande gusto e splendente forma esecutiva. I titoli dei pezzi sono ispirati a opere di Alfred Jarry.
Tracklist
01. Se Quest’uomo Diventasse Un Meccanismo
02. Il Necessario Ritorno
03. Verso Il Ronzio Remoto
04. Di Un Ingranaggio Che Si Perde
05. Fra Elettrodi Di Seta Blu
06. Alla Banalità Di Un Valore
07. Negazioni Che Si Negano
08. La Bellezza Pura E Sterile Della Semplice Ruota
09. La Diapositiva Si Ricorda
10. L’Ultimo Degli Uomini