BUSHI, Bushi [+ full album stream]
Va bene, ne prendo atto. Il livello di una parte del made in Italy musicale si è notevolmente alzato, fino ad avvicinarsi tantissimo a standard internazionali che solo qualche anno fa sembravano parecchio lontani. Era difficile ma non impossibile, e se a dirlo è uno che ha guardato sempre con sospetto alla scena nazionale, spesso disdegnandone i prodotti per manifesta inferiorità, la cosa assume un peso particolare che sa di rivincita nei miei confronti, e ne sono contento! Band come Bushi e Ufomammut guardano negli occhi quei gruppi che ieri tanti altri guardavano dal basso, imitandoli o addirittura idolatrandoli.
Ok, gli Ufomammut probabilmente li conoscerete già da un po’, mentre i Bushi sono una novità, e che novità! Powertrio marchigiano composto da musicisti parecchio attivi nel panorama nazionale, è all’esordio discografico in questi giorni con quest’album omonimo che fa immediatamente centro! In una sola parola diremmo crossover, ma per spiegare effettivamente di cosa si tratta siamo obbligati a corredare la definizione generica con i dovuti aggettivi e i riferimenti vari. La faccenda infatti non è così semplice, anzi è piuttosto complicata, almeno quanto un alternative-math-rock magnetico e incessante, il cui soggetto “lirico” e iconografico è totalmente incentrato sui samurai.
L’intricata architettura del riff-system è il fulcro del progetto Bushi. Caratterizzata da una complessità che richiama vagamente i Meshuggah, si distingue anche per suoni e drumming vicini a Shellac ed Unsane. Influenze piuttosto distanti, ma accomunate da una logica simile del songwriting, in pratica onnipresente in quest’album.
Dunque, i tre di Porto San Giorgio ci spingono in un labirinto il cui tracciato è in costante evoluzione, illudendoci di poter individuare facilmente una via d’uscita… invece ci ritroviamo al centro ogni qual volta s’insinua dentro di noi la convinzione di essere giunti alla fine. Ci mettiamo a correre, rincominciando ogni volta da capo, ma venirne fuori è ardua impresa, e i samurai ci braccano! La nostra unica chance è affidarci alla voce chiara, molto simile a quella di Jason Shi (ASG), che recitando una specie di mantra ci indica la via di fuga. Una volta all’esterno, però, ci viene subito voglia di tornare dentro.
È davvero un buon esordio quello dei Bushi, anche per quanto riguarda la produzione, molto curata, e la durata, che rientrando nella mezz’ora non appesantisce il lavoro. L’unico limite è forse nella ripetitività di alcune scelte e soluzioni in riff e arrangiamenti vocali, ma per la verità la cosa conferisce un effetto ipnotico che potrebbe non entusiasmare ma nemmeno dispiacere.
Mi mangio il gomito per essermi perso la loro esibizione nella prima giornata del Frantic Fest, spero mi capiti un’altra occasione nel prossimo futuro.