BURNING MOTHERFUCKERS, An Ki
Øystein Monsen, batteria, e Thomas Eggun, basso e voce, sono da tempo i Burning Motherfuckers. Da Oslo, ogni cinque, sei anni al massimo, arrivano con un nuovo, urticante disco. La via è sempre quella di un rock’n’roll sporco, trascinato, che va a perdersi fra i territori più rumorosi. La voce c’è… ma non si sente mentre ulula qualcosa in sottofondo.
Solo quattro brani, per un disco di quaranta minuti in questa occasione, ma andiamo con ordine. Il primo è tutto sommato il più canonico, una cavalcata acida tirata il giusto, sporca e senza fronzoli. Con “Lost It” già le cose sembrano cambiare. Thomas Eggun non lesina la sua ugola acidula e lentamente quella che sembra una grossa massa pulsante si gonfia sempre di più in una sarabanda che potrebbe ricordare tanto i Doors più spiritati quanto i The Panoply Academy, almeno fino a quando decidono di tenere la canzone per le redini. Già, che ad una certa giustamente aumentano il ritmo e sono mazzate per minuti che trasformano il pezzo in un rito liberatorio, prima di riprendere una tzigana forma melodica sul finale. Altro giro altro cambio, con una “Unless It’s Trees” che trova la sua completezza umorale, una malinconica ode dove la voce si esprime in tutta la sua bellezza sopra un groove paludoso ed intimo. Con la conclusiva “An Ki” i brucianti figli di pu***na vanno a rimestare direttamente la creazione: i due termini sono infatti cielo e terra, l’universo ancora informe, che viene rappresentato con i bofonchi e le urla sotterrate dalla gragnuola di colpi macinata da Øystein Monsen. Il brano è al medesimo tempo poetico e violento, del resto la mitologia nordica parla del momento della creazione come della prima, violenta, diaspora familiare. Un enorme bambino pasciuto da una mucca che genera giganti buoni e cattivi e che verrà smembrato dai suoi stessi nipoti per creare il mondo degli uomini. Quindi urla al cielo, saliscendi fino ad arrivare a momenti di stasi ambientali nei quali la voce si fa rantolo rarefatto, per poi tornare a berciare alla luna al prossimo colpo di reni. Delle vere e proprie forze della natura che vanno ad impastare quello che sarà. Facile spariscano fino al 2030 ora, il consiglio è di non perderli dal vivo, ho idea si possa veramente entrare in un’appassionante fucina infernale.