BURIAL, Antidawn
È uno degli artisti più spinti del Ventunesimo Secolo, considerato che Wire scrisse che il suo primo album del 2006 era il disco dell’anno, per poi non smettere più di celebrarlo. È un uomo attentissimo a non apparire che a detta di molti intelligenti dell’epoca interpretava alla perfezione il suo tempo o che comunque era il miglior paesaggista urbano in giro, il Ballard dell’hardcore continuum (la lascio così, anche se fa un po’ ridere).
Questo ep – non è la prima volta – toglie di mezzo i battiti e lascia solo i fantasmi che caratterizzano i dischi di Will Bevan, campionamenti trasfigurati compresi, materiale in genere appartenente a brani jungle, hip-hop, techno più o meno recenti che rallentati e scarnificati – per una ragione che non so dire – diventano molto meglio di com’erano in origine, ammesso che ci interessi sentire la sorgente. Se una volta i pezzi di Burial potevano essere considerati la colonna sonora delle vite di chi abitava la periferia di Londra, adesso credo sia difficile non associarli alle città vuote e spaventate dell’era dei lockdown invernali. Synth, pulsazioni e voci arrivano quasi sempre ovattati, sono bagliori lontani e qui aggiungano gli altri tutte le metafore della situazione. Il film alla fine non è molto diverso da quello dei vari ep pubblicati da Bevan dopo il mega-successo di Untrue. Io ho imparato ad amare molto Burial col tempo, ad hype finito, e penso che i fan debbano procurarsi anche questo lavoro qui.
Antidawn esce oggi in formato digitale (copie fisiche a fine gennaio). In copertina c’è un no vax.