Brutus live in Italia: la nostra intervista
I belgi (Lovanio) Stefanie Mannaerts (batteria, voce), Stijn Vanhoegaerden (chitarra) e Peter Mulders (basso) sono i Brutus, band che ha esordito direttamente per Hassle Records e Sargent House nel 2017 con Burst, suonando subito in giro con Chelsea Wolfe, Russian Circles e Thrice. Penso che siamo tutti d’accordo sul fatto che la voce fanciulla di Stefanie e la sua presenza scenica dietro alla batteria siano quel qualcosa che cattura subito la curiosità di tutti e li mette in ascolto. Mi gioco invece la carta dell’originalità scrivendo che se non avessero la voce, i Brutus sarebbero la versione europea dei Sannhet: post-metal (mettete pure “-core” o “-rock”, l’importante è che ci capiamo) veloce, febbrile, vitale e – ma qui c’entra la voce, però – superemotivo. Nel 2019 la band ha pubblicato Nest, un album composto durante i tour successivi a Burst (così mi racconta Peter più avanti in questo pezzo), esordendo live anche Oltreoceano e suonando pure al Dia de los Deftones, lo preciso perché vedrete spesso Stefanie con la maglietta della band, e queste scelte non sono mai casuali. Dopo la pandemia, lo scorso anno i Brutus hanno pubblicato Unison Life, un album su cui c’è stato più modo di riflettere e cesellare, liberandosi – almeno secondo me – da qualunque nome ingombrante potesse essere accostato loro in passato e diventando definitivamente i Brutus, una band devastante dal vivo che oggi non ha paura di rispettare codici, regole, di essere più semplice e mostrarsi vulnerabile.
I Brutus suoneranno sabato 21 ottobre al Colorificio Kroen di Verona, domenica 22 al Monk di Roma e lunedì 23 al Legend di Milano. A Roma e Milano kariti aprirà per loro. Questa è la nostra breve intervista con Peter Mulders (basso).
Ci chiamiamo “The New Noise”. In origine siete stati un tributo ai Refused, suonavate The Shape Of Punk To Come per intero agli show. Quindi possiamo diventare amici. Cosa vi hanno insegnato i Refused? A me hanno insegnato “all’inferno le regole, si va verso l’ignoto”…
Peter Mulders (basso): I Refused sono un gran gruppo! Il progetto che Stefanie e io facemmo per l’album dei Refused non fu davvero l’inizio dei Brutus, ma un modo per conoscerci. Sicuramente possiamo comprendere perché a te abbiano lasciato quell’insegnamento. Niente regole: così abbiamo cominciato coi Brutus. Ma per noi non si trattava di andare verso lo sconosciuto, perché ci conoscevamo ed eravamo amici. E questo è super importante per stare insieme in una band.
A proposito di band preferite, la mia di sempre sono i Cure (lo so, prevedibile). Avete proposto la cover del classico “A Forest” in una sessione live per il programma “Studio Brussel”. Una versione breve e più veloce di un pezzo lungo e ipnotico. Com’è nata l’idea?
Quando Studio Brussel ci ha chiesto una cover non è stato semplice decidere. Troppe band e canzoni buone là fuori. Ma i Cure sono davvero dei classici e hanno grandi canzoni. E in qualche modo “A Forest” ha fatto “click” in noi quando l’abbiamo provata. E abbiamo fatto del nostro meglio per onorarla, ma anche per renderla un pezzo dei Brutus. Siamo tutti e tre fan dei Cure e penso che non ci siano tante altre band che possiamo dire di preferire allo stesso modo. Sono un link tra noi.
È sempre meraviglioso quando una band trova la propria voce e allo stesso tempo un pubblico in crescita. Perché sta succedendo? Duro lavoro? Live show potenti? Una grande etichetta che vi guarda le spalle?
Tutto questo, tutto allo stesso tempo, e anche un po’ di fortuna qui e là. Ma non arriva la fortuna senza il duro lavoro e le ore in sala prove, gli artwork, le email, i social… E ovviamente la gente che crede in noi, così come le etichette e le agenzie di booking. Ultimi, ma non per importanza, quelli con noi on the road. Tutti loro amplificano ciò che cerchiamo di fare, ed è veramente una bomba vedere che riusciamo a continuare a farlo!
Come ho appena detto, avete una vostra voce, ma forse Unison Life è per voi un passo in avanti più netto in questa direzione. Lo credo solo io oppure c’è più distanza tra Unison Life e Nest che tra Nest e Burst?
È possibile, sì. Anzitutto avevamo più tempo per registrare Unison Life, dato che eravamo in pandemia. Quindi in qualche modo abbiamo avuto la possibilità di fare un salto ulteriore, di esplorare ancora… E di sfruttare tutto quel tempo al meglio. Ricordo di aver scritto Nest durante i tour successivi a Burst. Per Unison Life è stato tutto completamente diverso.
Vi ho visti ad agosto 2018 a Rijeka/Fiume, in apertura a Chelsea Wolfe. Avete aperto per molte band eccellenti. Alcune di queste stanno scrivendo la definizione di “heavy music” per questo secolo. Con chi vi siete sentiti vicini dal punto di vista musicale?
Oh. Beh, penso che valga la pena nominare i Russian Circles. Siamo terzetti, cerchiamo melodia, emozioni e riff fighi… Non suoniamo la stessa musica, ma ci sentiamo collegati a loro. Abbiamo imparato molto da loro musicalmente e umanamente.
Prima di ricominciare a suonare dal vivo, ci avete regalato “Love Won’t Hide The Ugliness”, un nuovo pezzo proveniente dalle registrazioni di Unison Life. Sono felice che questo pezzo sia tornato in superficie, ma vorrei sapere anche perché…
La tracklist di un disco è un puzzle molto difficile. Avevamo registrato 13 pezzi, solo 11 sono sul disco. Il ritmo, il bilanciamento, il time code per il vinile… Tutto è parte del puzzle. E per qualche motivo “Love Won’t Hide The Ugliness” non ce l’ha fatta, ma sapevamo molto bene che sarebbe uscita dopo. Prendilo come un dessert, non come un b-side. È parte del disco e delle registrazioni. Abbiamo fatto lo stesso con “Sand” per Nest… ci piace così.