BRUNO BAVOTA, Mediterraneo
Bruno Bavota (Napoli, 1984) arriva al disco numero quattro, questa volta per la russa Dronarivm (al terzo progetto italiano in poco tempo), dopo esser stato in tour in Lettonia (!) e Giappone, segno di quanto in giro per il mondo si accorgano di lui e della sua personale versione di quel genere che si cerca di definire – forse in modo improprio – modern classical o contemporary classical. Tagliando paragoni con l’accetta (questa sappiamo usare su di un sito di rumore), si potrebbe dire che è più vicino al lato pop della questione (Frahm? Arnalds? Broderick?) e meno a quello ambient-sperimentale (Goldmund, Chauveau…).Il fatto che l’album si intitoli “Mediterraneo” è poi un invito irresistibile a prendere scorciatoie, affastellare luoghi comuni e scrivere che anche in questo caso gli italiani sono più melodici delle loro controparti nordiche, ma per esempio il pianista Denovali Federico Albanese, stesso pianeta sonoro, non sarebbe d’accordo. Rimane il fatto che questo disco sfrutta più strumenti (piano, chitarra, archi), quindi sembra più carico e denso, inoltre, non avendo una componente elettrica/elettronica di peso, possiede un altro tipo di calore. Ciò che conta è che – anche nei frangenti più “retorici” (“Hands”) – Bruno è diretto e sincero, facile senza essere stupido o ruffiano. Forse è solo troppo buono per trovarsi su queste pagine. In bocca al lupo.