Bronson Psych Fest 2013
Ravenna, Bronson, 7/12/2013.
Spesso negli ultimi anni accade che se un gruppo, in particolare se d’intenzione sperimentale, passa per la penisola italica, si ferma in territorio bizantino non (solo) per ammirare le incredibili bellezze di San Vitale e Sant’Apollinare, ma per esibirsi all’interno di una struttura più moderna, preparata per l’organizzazione di eventi di un certo calibro: il Bronson. Qui, oltre alla programmazione di ottima qualità, ha sede uno dei festival italiani più interessanti, il Transmissions, che ha fatto parlare molto di sé specialmente negli ultimi due anni, nei quali è stato curato da Stephen O’ Malley e da Daniel O’Sullivan (nel 2014 i curatori saranno gli A Hawk And A Hacksaw). Anche il festival di stasera non passa di sicuro in secondo piano, visti i nomi che vanno a comporre l’evento, un denso mix fra gruppi italiani emergenti e storici, nel quale trovano spazio anche gli inglesi Oscillation, alfieri della nuova psichedelia post-kraut. La vasta stanza che caratterizza il locale si è sempre rivelata adatta sia ai concerti sia alle feste e dall’ultimo Transmissions è stata arricchita con un murales di Raymond Salvatore Harmon, psichedelico anch’esso, tra l’altro.
In orario salgono sul palco i FULk∆NELLI, duo formato da poco da dueche suonano da molto: si riveleranno un buon inizio serata. Il festival, dunque, si presenta con la concezione meno spaziale e più occulta della sua musica. I FULk∆NELLI ricercano in ambienti drone dal ritmo sconnesso un richiamo all’idea dell’alchimista del ‘900. Grazie anche a un sapiente (per ora) utilizzo delle luci, la band riesce a dar vita al suo live e mi fa venire in mente l’uso di alambicchi e oggetti di studio chimico e meccanico. Nella seconda parte il ritmo si fa più marcato e incessante, a mio avviso affievolendo un po’ quell’odore steampunk liberato nella prima, ma si vede che l’idea di improvvisazione sta anche alla base di canzoni e non è solo fine a se stessa.
Seguono i Sonic Jesus, e appena si fanno vedere di certo non è faticoso immaginarseli al fianco dei Dead Skeletons, coi quali hanno ipnotizzato l’Europa qualche mese fa. La band apre con una bellissima rivisitazione in chiave darkwave di “Somebody To Love” dei Jefferson Airplane, il pezzo che più mi è piaciuto dell’intero live e che da subito mi ha rapito. Per il resto i Sonic Jesus propongono lunghe e ben costruite suite che intervallano spezzoni davvero avvolgenti (buono l’uso del theremin e del tamburello) con altri che tendono ad appiattire il tutto. Anche se la miscela non è omogenea, i ragazzi riescono comunque a tenermi sotto il palco incuriosito, ad aspettare le parti travolgenti – che prima o dopo arrivano sempre – dei loro pezzi, durante le quali ognuno di loro sfoggia il suo stile: un vivace chitarrista, un marmoreo batterista, un enigmatico tastierista…
A chiudere la serata – a differenza di quanto si potrebbe immaginare – non sarà l’unico act straniero chiamato a suonare, e forse è meglio così. Degli Oscillation quest’anno è uscito l’album From Tomorrow (per All Time Low ed Hands In The Dark, leggermente sotto tono secondo me), che presenteranno questa sera. Spesso, visto che mi piacciono molto, mi ero immaginato un loro live, pensavo fosse qualcosa che davvero ti avrebbe immerso nel suono. Purtroppo oggi non sono in forma: i pezzi sono statici, freddi e non rendono come su disco. Inoltre, assurdo, un fotografo chiede di alzare le luci perché altrimenti non riesce a lavorare e, ancora più assurdo, le luci si alzano, illuminano troppo il gruppo e svalorizzano i bellissimi video proiettati di Julian Hand, un classico accostamento alla musica degli Oscillation. Questo è il motivo per cui non ci sono foto dell’evento a corredo di questo articolo. Per fortuna la band chiude il concerto con “Future Echo”, durante la quale le luci si abbassano e l’atmosfera sperata si consolida un po’ di più.
Come ho lasciato capire prima, per fortuna il festival è stato chiuso dai Julie’s Haircut, perché quello che non sono riusciti a ricreare gli Oscillation ce lo fanno sentire ancora meglio loro. Anche questa storica band italiana ha appena pubblicato un disco, il fantastico Ashram Equinox (WoodWorm / Santeria / Crash Symbols, 2013), che oggi verrà riprodotto per intero. E per intero sarà rapita la mia attenzione dall’immenso live che verrà messo su, un alternarsi di giochi etnici e di minimalismi electro che mi hanno fatto ricordare alcuni lavori di Vangelis e Jean-Michel Jarre in chiave rock. La band utilizza molti strumenti diversi, mai però in modo casuale: ogni suono è calibrato in modo sapiente. A ogni nota viene data la giusta importanza e la loro energia non risente dell’ora tarda, passando nell’aria dai loro strumenti alle nostre orecchie pronte a godere. Anche il gruppo stesso sembra essere preso in modo particolare dalla musica, la segue in modo fisico, la sente dentro e questo la fa sentire bene anche al pubblico, che cresce in modo notevole di numero. Nell’insieme il concerto risulta un susseguirsi di sfere ipnotiche caratterizzate da voglia grintosa di suonare e da una tecnica strumentale completa. Quando il suono scompare, rimango assorto nella bolla dentro la quale sono stato soffiato.