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BONO / BURATTINI, 21/2/2025

Bono / Burattini, foto di Enrico Malusà

Trieste, Casa della Musica.

Vittoria Burattini conta ogni secondo di questo concerto alla Casa della Musica di Trieste: non c’è un momento della sua performance in cui lei, masticando gomma come Roddy Piper in “They Live”, non tenga maniacalmente i tempi per nulla scontati del suo progetto con Francesca Bono, ex Ofeliadorme e oggi fantastica solista. Durante la serata tutto il mio giro di amici con la scimmia per dischi e scene sotterranee si accorge della non-linearità dello stile della batterista dei Massimo Volume, ma soprattutto di un approccio appassionato, che fa pensare a una musicista indipendente ancora presa benissimo da ciò che fa e non al battitore scemo e ipercompetitivo di “Whiplash”, che della musica si dimentica per tutto il film. Lei, invece, cerca l’intesa con la sua socia e col fonico (Gianluca Turrini, che ha lavorato con Massimo Volume, Teatro Degli Orrori e mille altri), è qui a Trieste perché le piace suonare con gli altri, non per essere la più brava.

Di Suono In Un Tempo Trasfigurato – uscito per Maple Death, l’etichetta italiana più in forma oggi – hanno parlato tutti bene due anni fa: è un album che arriva dal multiverso, da un mondo in cui per qualche motivo il kraut prende piede subito a Bologna, da una Terra 2 dove inventano 15-20 anni prima il synth Juno 60 e questo non finisce in mano agli inglesi per il pop e la musica house, ma arriva a una Francesca Bono alternativa che lo usa per svarionare e formare un duo à la Silver Apples. Che si tratti di ricrearne i momenti più impalpabili o quelli col tiro più motorik, il live è una conferma del valore e della bellezza del disco (conto anche un paio di cose inedite o che mi sono sfuggite prima), anche se sarebbe bello vedere cosa succederebbe con ancora più volume, magari anche con una continuità maggiore tra un pezzo e l’altro, senza pause, perché si parla di un sound talmente coeso che quasi non ha senso segmentare.

Fa bene il Circolo Thelonious, che di matrice è ovviamente jazz, ad aprire queste finestre sull’underground, così come a sfruttare un posto come la Casa della Musica, facilmente raggiungibile e dove tutto si sente ok, dato che ci si trova in un auditorium interconnesso con uno studio di registrazione, al secondo piano di un edificio nel centro dove tutti passeggiamo. Speriamo che la cosa prenda piede, perché con qualche aggiustamento (un bar, per dire…) quel posto ci lascerà altri bei ricordi.