BÖLZER, Hero

Ci sono diversi luoghi comuni sul come si diventi famosi, su quali siano i passi necessari da compiere per raggiungere la vetta ed essere sulla bocca di tutti. Cose che spesso si rivelano veritiere (il classico percorso “prima un demo, poi un ep e infine un disco e solo in seguito si arriva ai grandi palchi”), ma ci sono delle eccezioni.
Uno dei nomi di cui si è più discusso negli ultimi tempi sono i Bölzer, non tanto per la provenienza (la Svizzera ha già dato prova di essere valida in ambito estremo), quanto per l’essere arrivati ovunque con solo due ep, Aura (2013) e Soma (2014). Se non contiamo il demo Roman Acupunture, autoprodotto e limitato a 50 copie, stiamo parlando di una band che ha fatto strada con sole cinque canzoni, andando in tour con nomi molto grandi (i Behemoth, ad esempio, che hanno sempre un occhio di riguardo per le realtà più piccole) e suonando a quasi tutti i festival più importanti.

Un po’ tutti – sia i fan, sia i detrattori – si chiedevano quando e come il duo avrebbe fatto uscire un disco vero e proprio. Hero arriva alla fine di quest’anno per rompere l’attesa e soddisfare chi non aspettava altro che sentire del nuovo materiale. Rispetto al passato, il sound si è fatto molto più pulito e curato, ma suona molto più pesante da digerire e sembra un insieme di brani che fanno fatica a diventare un unicum. La proposta musicale non è cambiata quasi per niente: canzoni molto veloci e con atmosfere create dalla 10 corde (due di queste singole e le restanti doppie, come quelle di una 12 corde) e da alcuni intermezzi mistici come quelli tra “Phosphor” e “Decima”. Il materiale non è affatto brutto, però c’è qualcosa che non funziona: ci sono episodi notevoli come “I Am III” e “Spiritual Athleticism”, ma l’impressione è che la forma disco non faccia per questi due. Per di più la copertina è veramente scadente e non regge il paragone con gli artwork del passato (vedi quello di Aura che è molto bello).

I Bölzer, pur essendo uno dei pochi nomi in grado di poter vantare un suono personale e definito, stanno rischiando di mandare tutto all’aria e – alla fine dei giochi – risultare sopravvalutati. Forse anche perché c’è chi (come per esempio i Chaos Echoes) ha suono e concept molto più elaborati e validi e si meriterebbe tutto lo spazio che i due svizzeri hanno ricevuto. In finale, però, non ci sentiamo di bocciare né Hero, né la band in toto. L’idea, però, è quella di trovarsi al cospetto di uno di quei gruppi “da ep”, di quelli che oltre le 3-4 canzoni non vanno e non riescono a costruire un album vero e proprio senza farlo suonare un po’ troppo pomposo. Meglio limitarsi al necessario, a volte.