BLACK OATH, Ov Qliphoth And Darkness
Poco o nulla si sa dei Black Oath, se non che sono tre italiani usciti dallo stesso squarcio spaziotemporale attraversato da Hands Of Orlac e Black Capricorn. Un po’ come nel caso dei Corrupted, sono musica e testi a dover parlare per loro: niente foto, niente nomi veri, niente di niente, conta solo il “giuramento”, termine assolutamente azzeccato nel loro caso, non solo perché dà di gomito ai Mercyful Fate.
Ov Qliphoth and Darkness, al di là dei riferimenti alla Cabala (di cui non fingo di saper qualcosa), è un onestissimo disco doom metal, uno di quelli dove tutto si trova al posto giusto, così giusto che vien voglia di strappare quella pagina del Devoto Oli dove sta scritto “innovazione”. La voce, pulita e convincente nei frangenti più epici, serve allo scopo, anche se non si prende mai davvero dei rischi, così come il sound, che non è mai cristallino, immacolato o iper-prodotto, né – all’opposto – fangoso e immerso nei feedback: paradossalmente, quest’imperfezione controllata lo fa piacere, gli fa parlare una specie di linguaggio universale comprensibile a tutti i metallari, tanto che anche i tocchi misuratissimi di tastiere e quei tre/quattro assoli ben piazzati non fanno altro che dargli spessore, facendo sorridere persino gli estremisti che nei loro dischi roba del genere non la sentivano da una decina d’anni. Chiunque qui ha fatto nomi importanti come Black Sabbath, Candlemass, Pentagram e Saint Vitus. Loro e la I Hate ci aggiungono la tradizione “occulta” italiana, io – che non sono un doomologo – ci sento soprattutto Iommi e i Vitus. La definizione giusta, ripeto, sembra proprio: onestissimo. Tanto chi doveva capire ha capito, buon ascolto a lui.
Tracklist
01. Esbat: Lamiae Sinagoge Pt 2
02. For His Coming
03. Sinful Waters
04. Scent Of A Burning Witch
05. Witch Night Curse
06. Drakon, Its Shadow Upon Us
07. Ov Qliphoth And Daekness
08. … My Death