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BLACK HAMADA, Finis

Vi abbiamo già parlato qualche anno fa dei Black Hamada, formazione nata dalle ceneri di band capitoline storiche: Dhmnz, Opposite Force e Redemption. Oggi sono alle prese con un nuovo ep che li vede apportare qualche novità o, meglio, aggiustamento di rotta, a partire da brevi interventi di voce su brani che mantengono comunque una forma prettamente strumentale. Finis rappresenta, quindi, una sorta di nuovo inizio, un nuovo punto di partenza con cui i Black Hamada tornano dal pubblico forti di quattro composizioni che dimostrano come il tempo trascorso abbia giocato a loro favore: questo si avverte sia a livello di coesione, sia per quanto concerne la ricerca di un suono autonomo, pur sempre legato a quell’immaginario post ormai canonizzato eppure oggi più definito nelle sue specificità e personale. Resta il forte taglio cinematografico, quel mood da musica nata per suggerire immagini e disegnare con le note scenari vividi al cui interno gli strumenti vanno a giocare con i contrasti e i molti cambi di umore, così da infondere la sensazione di un’oscurità latente che incombe sull’ascoltatore e suggerire trame senza lieto fine. La bravura della band sta nel saper costruire quattro brani lunghi, compiuti e dotati di una loro singolarità, eppure allo stesso tempo in grado di formare un percorso fluido e in qualche modo organico nel suo divenire. L’aggiunta di una voce mai troppo invadente e quasi sussurrata in due dei quattro episodi contribuisce a movimentare l’ascolto e a donare un effetto onirico: un po’ come quando si è in dormiveglia e si trasporta nel sogno una voce captata nella stanza. Il percorso scelto non è privo di ostacoli, ma i Black Hamada hanno dalla loro una visione ben delineata e il bagaglio tecnico per trasformarla in suoni, li attendiamo a questo punto con un lavoro di più ampio respiro per comprendere come si sappiano muovere alle prese con un lungometraggio.