BILL CALLAHAN, Shepherd In A Sheepskin Vest
Il musicista texano s’è sposato, ha messo su famiglia e, oltre ad occuparsi dei suoi cari (qui ce lo racconta nella tenera “Son Of The Sea”), s’è dato un altro importante obiettivo nella vita: quello di continuare a fare musica. Per fortuna.
Bill Callahan quasi non ha bisogno di presentazioni, già come Smog aveva messo su registrazioni di un certo peso, in ambito strettamente lo-fi, mentre a nome proprio col tempo ha affinato la tecnica arrivando a suonare “tradizionale”, ma senza sembrare un nostalgico trombone con la solita chitarra a tracolla. Eppure, anche all’ascolto di certi passaggi di questo “pastore con addosso una giacca di pecora” si ha davvero la sensazione di venire scaraventati in quel mondo che fa tanto american gothic, basti come esempio la placida “Angela”, che vanta una scrittura edun arrangiamento stratosferici, come in punta di penna; stesso discorso per “The Ballad Of The Hulk”, con poche note di basso a scandire le parole sussurrate ed incastrate nel ricamo delle chitarre, o per la sussurrata “Morning Is My Grandmother”, così come colpisce la delicatezza di “Released”, due minuti scarsi che spazzano via tanti fenomeni sponsorizzati da Pitchfork & compagnia. Questo a conti fatti è l’album classico per eccellenza, ancora più classico del precedente, di Bill Callahan, quello dove dimostra di avere raggiunto una maturità ed una pace dei sensi, magari solo temporanea, chissà… che appartiene solo ai grandi musicisti. E resta quasi inutile ricordarvi che Shepherd… va di diritto nella lista dei dischi più belli usciti in quest’anno che sta per finire.