Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

BILL CALLAHAN, Shepherd In A Sheepskin Vest

BILL CALLAHAN, Shepherd In A Sheepskin Vest

Il musicista texano s’è sposato, ha messo su famiglia e, oltre ad occuparsi dei suoi cari (qui ce lo racconta nella tenera “Son Of The Sea”), s’è dato un altro importante obiettivo nella vita: quello di continuare a fare musica. Per fortuna.

Bill Callahan quasi non ha bisogno di presentazioni, già come Smog aveva messo su registrazioni di un certo peso, in ambito strettamente lo-fi, mentre a nome proprio col tempo ha affinato la tecnica arrivando a suonare “tradizionale”, ma senza sembrare un nostalgico trombone con la solita chitarra a tracolla. Eppure, anche all’ascolto di certi passaggi di questo “pastore con addosso una giacca di pecora” si ha davvero la sensazione di venire scaraventati in quel mondo che fa tanto american gothic, basti come esempio la placida “Angela”, che vanta una scrittura edun arrangiamento stratosferici, come in punta di penna; stesso discorso per “The Ballad Of The Hulk”, con poche note di basso a scandire le parole sussurrate ed incastrate nel ricamo delle chitarre, o per la sussurrata “Morning Is My Grandmother”, così come colpisce la delicatezza di “Released”, due minuti scarsi che spazzano via tanti fenomeni sponsorizzati da Pitchfork & compagnia. Questo a conti fatti è l’album classico per eccellenza, ancora più classico del precedente, di Bill Callahan, quello dove dimostra di avere raggiunto una maturità ed una pace dei sensi, magari solo temporanea, chissà… che appartiene solo ai grandi musicisti. E resta quasi inutile ricordarvi che Shepherd… va di diritto nella lista dei dischi più belli usciti in quest’anno che sta per finire.