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BENOÎT DELBECQ, The Weight Of Light

“Delbecq è uno dei pochi veri improvvisatori geniali al giorno d’oggi. Ha creato il suo universo di suono, arte impagabile e bellezza che risuona ed è libero nel senso migliore della parola”: così dice Fred Hersch. The Weight Of Light, a firma di questo pianista parigino che ha studiato musica improvvisata con Alan Silva e ha ricevuto l’apprezzamento di giganti come Mal Waldron e György Ligeti, è un disco enigmatico e calibratissimo, incentrato sulle potenzialità timbriche ed espressive del pianoforte preparato. Gli otto minuti di “The Loop Of Chicago” mostrano un incedere zoppo ma per nulla incerto, parentesi che si aprono per non chiudersi più, agguati, astrazioni, illuminazioni, rivelazioni. Un pianismo personale e sghembo, denso e lieve al tempo stesso, filosofico, immaginifico, che ha qualcosa, nell’approccio alla composizione, del mood infinitamente pensoso di uno Steve Lacy (non a caso ammiratore di Delbecq). “Quando compongo è proprio come se stessi cercando di inventare la forma futura di un oggetto: così lo guardo da diverse angolazioni, come concepissi la cosa in 3-D: si tratta di un approccio che ha a che fare con i fenomeni ottici. Se mi muovo attorno all’oggetto, questo rivelerà forme che da altri angoli resterebbero nascoste”. Ecco allora le costellazioni ambigue e familiari di “Family Trees”, con un sottile senso di vaghissima marea ad incombere, come fossimo imbarcati su uno scafo alla deriva in un mare mentre nel cielo appaiono fugaci sintomi di tempesta. Proprio in qualche luogo impensato e misterioso, in una zona di confine tra fumi e jazz e il nitore scabro di certa contemporanea, tra languori e l’oro dei rumori, risiede il fascino intatto della musica contenuta in questo disco prezioso, una sorta di attraversamento di un crinale (“Chemin Sur Le Crest”) o di esplorazione nei meandri di un mondo in frantumi (“Broken World”), tra pause monkiane e pozzanghere dove si riflettono ombre di Paul Bley. Perché, come diceva Leonard Cohen, “c’è una crepa in ogni cosa. È lì che entra la luce”. Recupero (più che) doveroso (il disco è uscito a febbraio) e altro centro pieno per Pyroclastic Records, senz’altro una delle etichette da monitorare oggi nell’ambito della musica creativa.