BELIEF DEFECT

Decadent Yet Depraved è il secondo disco pubblicato da Raster-Media dopo la separazione da Noton. Come nel caso di Island People, primo episodio del nuovo corso dell’etichetta tedesca, siamo di fronte a un lavoro più accessibile e libero da vincoli rispetto al passato, in linea comunque con l’allargamento delle maglie di genere già in fieri prima del riassetto.

Non si conosce l’identità dei due Belief Defect, che hanno suonato all’Atonal di quest’anno, non esattamente il palco sui cui finiscono gli esordienti (se volevano portare fino in fondo il loro gioco, forse avrebbero dovuto scegliersi un’etichetta poco famosa e palchi meno prestigiosi, visto che dicono che il loro anonimato serve ad essere ascoltati senza pregiudizio, ma il “pre” c’è già se a pubblicarti e a farti suonare sono delle “istituzioni” mondiali dell’elettronica). Una veloce ricerca sui soggetti coi quali ha collaborato Sarah Sitkin, l’autrice dell’eccellente copertina di questo lavoro, potrebbe essere la strada giusta per scoprire chi sono. Proprio la foto usata è il miglior modo per descrivere Decadent Yet Depraved in parole semplici: professionale, pulita, carnale, buia e disturbante, non proprio il Cronenberg de “La Mosca” o “Rabid” e “Brood”, magari quello più freddo di “Crash” e – visto che il nome del progetto ha a che fare gli inganni della percezione – di “Spider”. Questi due signori, che si presentano come “established artists”, raccontano che vogliono tentare la sintesi degli ascolti che li hanno formati, un arcipelago sonoro industrial/noise, techno/house e ambient: a livello ritmico, ci troviamo di fronte a beat downtempo “fisici”, cattivi e pensati da dio, a sostegno di un suono tagliente e freddo e di atmosfere fumose e leggermente tossiche. L’ascolto non è affatto faticoso, non serve essere esperti di chissà quale sottogenere elettronico per apprezzare Decadent Yet Depraved, merito forse di quel non so che – mai esagerato – di retrò e di analogico, oltre che di qualche melodia indovinata. Di sicuro però bisogna essere quel tipo di persona che nel tempo libero legge/guarda fantascienza/horror: ecco che allora queste tracce si rivelano a pieno per ciò che sono, ovverosia buon intrattenimento.

Mi è stata data l’opportunità di spedire qualche domanda ai Belief Defect. Preferisco un altro modo di lavorare, ma loro sono “la notizia” in questo momento (o una delle notizie), e quindi mi sono dato da fare…

Questa è la mia prima intervista alla cieca, perché non so con chi sto parlando. Questo cambia le solite regole. Non farò domande furbe per scoprire i vostri veri nomi o cose del genere… La prima è ovvia, scusate: perché Belief Defect?

Pensavamo fosse ambiguo a sufficienza per essere allo stesso tempo positivo o negativo, a seconda di come lo si interpreta, e ampio a sufficienza da coprire dissenso religioso, critica sociale e/o salute mentale, nello specifico ciò che è conosciuto come “monothematic delusion” (non conoscevo la dicitura, si tratta di un cappello sotto il quale vengono messi vari disturbi della percezione e/o psichiatrici, tipo le sindromi di Capgras e Fregoli, ndr).
Funziona come una domanda alla quale il lettore deve rispondere da solo.

Perché avete scelto Sarah Sitkin per l’artwork? In generale il suo lavoro sembra provenire da un film “body horror”…

Al di là del pre-esistente collegamento personale con lei e al di là dei tentativi fatti prima, Sarah ha fornito qualcosa che si trovava all’esterno del consueto approccio grafico alla musica elettronica, ma che coincideva con la nostra affinità all’estetica dei film horror.

L’artwork è stato realizzato partendo da sculture e protesi. Roba che tocchi, non digitale. Possiamo dire la stessa cosa per Decadent Yet Depraved. Ho ragione? Avete lavorato anche con qualcosa di tattile?

Il fatto che sia una foto e non qualcosa di generato al computer aiuta l’ascoltatore a collocare la musica nel regno fisico e non nella sua immaginazione. Similmente, questo si applica a molte delle risorse usate nel disco, alle voci in particolare, così anche con le tracce più astratte c’è sempre un elemento con riferimenti al mondo reale.
Detto questo, scrivendo il disco non abbiamo seguito un’etica precisa quando abbiamo compiuto scelte riguardanti l’approccio, la tavolozza sonora o le fonti sonore. Abbiamo usato qualunque cosa, da Reaktor agli Eurorack, basandoci su ciò che avevamo intorno al momento e che offriva i migliori risultati.
Nessun purismo su quale synth sia superiore o su quale sistema operativo appaia meglio. Alla fin fine lo strumento scelto era quello che ci ispirava di più usare e che poteva fare il lavoro… qualunque attrezzo ci fosse nella cassetta… se suona cool, registralo.

Se continuo a usare l’artwork come una torcia per esplorare il vostro mondo, un’altra cosa che mi viene in mente è che questo non è il solito materiale Raster. Certo, ci sono stati cambiamenti negli anni (Noton è di nuovo separata da Raster), quindi non è che pubblichino solo glitch, anzi hanno gente come Kyoka o Atom TM… Secondo voi, perché Raster ha voluto pubblicare il disco? Cosa li ha convinti?

Avere un interesse in cose fuori dalla norma o mettere il contenuto al di sopra dei trend può essere una lente adatta attraverso la quale guardare, perché particolari estetiche diventano secondarie e la traiettoria personale meno random se l’obbiettivo si trova al di là di un sound o di uno stile.
Detto questo, speriamo che quelli di Raster abbiano pubblicato il disco perché risuonava dentro di loro per più di un motivo e che sia sembrato adatto al momento musicale e sociale, ma alla fin fine andrebbe chiesto all’etichetta, noi non possiamo che esserle grati per come ha sviluppato tutto.
Il disco non è stato prodotto con un’etichetta o un’estetica precise in testa e abbiamo evitato di pianificare qualunque cosa, siamo solo stati in studio a scrivere musiche con le quali sentivamo una connessione. Solo ad album terminato abbiamo pensato quale potesse essere la sua casa migliore.

Il vostro sound è scuro e pesante, ma non vedo i Belief Defect come un progetto estremo. Secondo me potete raggiungere un’ampia fetta di fan della musica elettronica: è eclettico, non segue dei trend, prende elementi da più epoche … O lo percepite diversamente? È un disco difficile secondo voi?

L’album è il risultato di un lavoro scientemente libero da costrizioni mentali legate agli aspetti operativi del music business: cosa risponderà la scena, qual è il sound che va, che label sta avanti rispetto alle altre… Queste costrizioni sono state rimpiazzate con un flusso mentale privo di filtri e spontaneo il più possibile. In questo senso non c’è nulla di difficile in questo disco. “Estremo” non era ciò a cui puntavamo, specie l’essere aggressivi per il solo gusto di esserlo, ma il duro contrasto tra melodie e rumore si è dimostrato spesso come un modo per completarsi per questi due elementi ed è diventato senza volere un tema ricorrente.
A un certo punto l’idea di ciò che volevamo portare a compimento s’è formata, e il processo finale di editing ha determinato cosa funzionasse meglio per l’insieme.

Avete svolto un gran lavoro coi beats. Mi piacciono molto e suppongo che sia così perché ascolto industrial music. Sì, lo so: oggi industrial music può voler dire Throbbing Gristle per qualcuno, Nine Inch Nails per un altro, e così via, ma vorrei sapere da voi quanto quel mondo musicale ha un’influenza su Belief Defect.

Abbiamo preso strade separate per scoprire la musica che amavamo, ma queste due strade si sono trovate nello stesso luogo. L’industrial music è senza dubbio una parte pesante della nostra storia personale e i gruppi menzionati da te hanno giocato un ruolo nello sviluppo del genere e della sua influenza su di noi, ma questo non fa giustizia al resto delle influenze sulla nostra musica ed esplorare in dettaglio quest’aspetto si dimostrerebbe senza scopo.
Ciascuno è il risultato della sua storia e della gamma delle sue dinamiche emotive: la rabbia non può arrivare senza la disperazione, la perdita… La stessa cosa è vera per la musica che ha formato la nostra vita. Detto questo, non abbiamo mai voluto rivisitare un sound specifico o un particolare stile musicale.

Per chiudere: ho una particolare debolezza per “No Future”, forse perché c’è anche una componente di melodia che la completa da ogni punto di vista. Che cosa potete raccontarmi della genesi di “No Future?”

Dato il mood oscuro generale, un sacco di gente troverà peculiare il quantitativo di cose che compaiono nel disco a causa di “inside jokes”, e qui abbiamo un esempio. Nello specifico abbiamo pensato che utilizzare un audio book con un discorso motivazionale e riarrangiare il messaggio per ottenere un risultato opposto fosse divertente e suonasse bene.