BEDSORE, Hypnagogic Hallucinations
Come detto più di una volta in passato, Roma è una città dalla quale non sempre, in ambito metal, saltano fuori cose interessanti. Quelle volte in cui succede è bene metterlo in risalto. Una delle novità più promettenti uscite dalla Capitale sono i Bedsore, gruppo del quale non si era molto sentito parlare al di fuori del raccordo anulare, ma che, in breve tempo, è riuscito ad arrivare alla prestigiosa 20 Buck Spin. Per l’etichetta americana esce infatti il loro album di debutto, questo Hypnagogic Hallucinations, che conferma come la label statunitense sia sempre di più interessata a promuovere molti nomi del sottobosco death metal, come per esempio i Solothus. A differenza di questi ultimi, però, il quartetto romano vanta una proposta molto più personale. Quello che loro hanno definito Kaleidoscopic Metal of Death è un mix tra la variante old school del genere e il prog del periodo d’oro (1969-1975 più o meno); un amalgama che si va a collocare in questa corrente più moderna che rivisita il death metal in chiave sperimentale, rimanendo da un lato ancorata ai canoni del genere e dall’altro ampliando il discorso senza diventare l’ennesimo prodotto di plastica coi suoni ipermoderni. I maggiori riferimenti in termini di gruppi nuovi sono Venenum e, soprattutto, i Morbus Chron di Sweven. Se pensiamo a band classiche, invece, vengono qui ripresi a piene mani i Death (da Leprosy a Individual Thought Patterns) e i King Crimson degli anni Settanta. Tenendo presente lo spettro di sonorità qui menzionate, possiamo capire come ciò che bolle in pentola è qualcosa di molto interessante e assolutamente non ordinario. Il titolo dell’album già descrive alla perfezione sia il tipo di viaggio che compirà l’ascoltatore, sia le intenzioni che ci sono dietro a queste composizioni. Per essere un disco di debutto, il risultato dimostra già un’invidiabile maturità compositiva ed è anche molto scorrevole (detto così pare poco, ma è una dote che non molti possono vantare). Ci sono però alcune cose che dovrebbero essere migliorate: la voce è leggermente anonima e la produzione risulta un po’ “spenta” (ma forse è un effetto voluto). Di per sé, come detto sopra, per essere la prima prova in studio del gruppo (fatta eccezione per il demo omonimo del 2018, dal quale hanno però qui ripreso “At The Mountains Of Madness” e “Brains On The Tarmac”) è molto più interessante della buona parte delle uscite recenti del genere, ormai sempre più incentrate sulla cura del suono e poco sulle composizioni.
In poche parole, i Bedsore aggiungono qualcosa, e questo è un grande pregio. Ma visto che c’è del potenziale, piuttosto che rifarsi ai Morbus Chron, dovrebbero guardare ancora di più ai King Crimson dei primi due album, in cui non solo c’era una voce di spicco, ma in cui i brani, seppur molto progressivi e lontani dalla forma canzone, erano anche memorabili. Per il resto, un debutto così il 90% delle band “post” se lo sogna. Chi è in cerca di nuove proposte death metal di derivazione old school che non siano la solita vaccata svedese con l’HM2 a palla, farebbe bene a segnarsi questo nome.