BEASTMILK, Climax

Beastmilk

I Beastmilk provengono dalla Finlandia, terra di laghi, tute antivomito e funeral doom, patria dei Pan Sonic, di Babbo Natale (penso) e degli Impaled Nazarene. La mia storia con loro è questa: dopo più di dieci anni, di revival post-punk non ne potevo più, però un giorno mi son fidato di un amico e mi sono messo ad ascoltare il loro primo ep, Use Your Deluge. Mai avrei pensato che mi avrebbero dato la scossa, invece adesso li amo e mi piace immaginarmeli che fondano la band dopo aver sentito un disco degli Interpol ed essersi messi a ridere. Sì, perché i Beastmilk non fanno niente che non sia già stato fatto nel periodo 1978-1984, solo che a loro riesce facile, col tiro dark di chi sa suonare anche roba estrema, con più forza, velocità, sicurezza e un arsenale di soluzioni per non sembrare (troppo) delle fotocopie. Il frontman, del resto, è uno che un po’ di mestiere ce l’ha e qualche dritta agli altri tre deve averla data: si parla di Matthew Joseph McNerney, inglese trapiantato prima in Norvegia e poi a Helsinki, passato per i DHG (quelli di Supervillain Outcast), Code e Virus, attualmente conosciuto per essere voce e chitarra degli Hexvessel. Qui la botta probabilmente arriva anche grazie al lavoro di Kurt Ballou come produttore e perché questa gente non ha nessun problema a mettere Cult e qualcosa di death rock in gioco, anzi – scherzi sugli Interpol a parte – il definirli solo “post-punk” ci sta e non ci sta, vedi alcuni azzardatissimi paragoni coi Joy Division. La fortuna/bravura dei Beastmilk è che in questo disco hanno quattro/cinque pezzi (stando stretti) stra-indovinati e “facili”, di quelli che mettono d’accordo tutti. Poi non so se scopriremo degli indie ascoltarli di nascosto (come facevano i gotici coi Type O Negative o i 69 Eyes, sono anni che li abbiamo sgamati), ma per alcuni saremo proprio dalle parti del guilty pleasure…