BARSEXUALS, Black Brown And White
Recensione doppia per i Barsexuals.
Non è affatto difficile imbattersi in garage band che, suonando un po’ alla Screamin’ Jay Hawkins, un po’ alla Cramps e un po’ anche alla Gories, danno corpo alle proprie composizioni. Buona parte delle volte il risultato è da cestinare, perché occorrono quintali di monnezza sotto le ascelle e qualche anno di latitanza dalle cabine doccia di tutto il mondo per poter tirare fuori qualcosa di veramente lercio con pochi maltrattati strumenti. Siccome, nella stragrande maggioranza dei casi, chi sale sul palco lo fa anche (o forse solo) con l’intento di rimediare un po’ di fica (o di cazzo), la questione diventa parecchio complicata e un sacco di gruppi non riescono a venirne fuori se non da perdenti. Infatti, è risaputo che la sporcizia non aiuta affatto a rimorchiare, anzi, ha effetto repellente.
Comunque è indispensabile essere marci dentro e agli antipodi del modaiolo, bisogna avere l’anima corrotta e puntare a corrompere pure quella altrui, ci vuole… chiedetelo ai Barsexuals cosa ci vuole! Non posso mica dirvi tutto io. A giudicare dal loro Black Brown And White si direbbe che ne sappiano qualcosa, infatti questo esordio discografico suona, già dal primo solco, come la vostra testa il giorno dopo una sbronza colossale. Le conferme giungono immediatamente con la seconda traccia intitolata “Rye Whiskey” e non si fermano lì!
Carico di blues, oltre che di alcool, questo trio pugliese non scherza affatto e meriterebbe l’attenzione di coloro, e non sono pochi, che riescono sempre a percepire qualcosa di interessante ed emozionante in una scala pentatonica, indipendentemente dall’ambito in cui questa venga utilizzata, sia esso punk, garage o rock, tutti generi ‘bastardi’ figli di un unico padre bastardo come loro (si, è una sorta di citazione Spaghetti Western). Ma questo lo sapete già. Ciò che, invece, ancora non sapete, è che quei fantastici riff sgangherati, cosparsi qua e là con dissonanze acidule, tipo residui di coca su uno specchietto, accompagnati da una batteria minimalista e fiancheggiati da una voce ruvida e bruciata, dimostrano che i Barsexuals sono dei veri ‘sudicioni’ e proveranno un’immensa soddisfazione nello stropicciarvi per bene le orecchie. Pezzi come “Hey You”, il bellissimo “Junker Blues”, attualmente mio favorito dell’album, “Jesus Give Me One More Chance” e “Why Do You Smile”, con il suo retrogusto un po’ Oblivians, graffiano a fondo strappando via brandelli di pelle. Non sono sadomasochista, ma tutto ciò a me è piaciuto ed anche parecchio!
Registrato in casa, con pochi semplici mezzi e suonato da anti-rockstar, Black Brown And White è un disco vero, partorito da una band disinteressata a tutto ciò che non sia Rock’n’Roll nella sua primordiale essenza. Rendiamo grazie al Diavolo e alla sua musica! (Andrea Sestri)
Il trio pugliese sembra uscito da uno di quegli scalcinati circoli di provincia dove si passano le serate immaginando città piene di concerti, e quei pochi dischi che c’hai li hai letteralmente consumati. Quando li si ascolta, subito si pensa ai Gories e più in generale a certo punk riottoso, venato il giusto di blues. Tanto per continuare il giochetto, viene in mente pure la In The Red, e scommetto che di tanto in tanto i tre se ne vanno in giro a sudare ai concerti dei loro idoli e nascondono gelosamente sotto il letto copie di Maximumrocknroll e Gearhead. Chiarite le coordinate (magari un po’ romanzando…), non vi resta altro da fare che immergervi in queste note di chitarra abrasiva come poche ( “Rye Whiskey”), all’occorrenza pure ossessiva (“Rudy Ray Moore”, a sommarsi col cantato indemoniato) e altre volte in modalità più addomesticata, seppur intrinsecamente “rustica” (“Bum Again”), mentre in “Junker Blues” pare di sentire dei Mudhoney più debosciati del solito.
C’è poca differenza tra un lato e l’altro di questo vinile (sul secondo si fa notare la languida “Why Do You Smile”): lo stile è sempre quello e l’intento non cambia, d’altronde se sei appassionato di certe musiche non è che fai tanto il sofisticato… Insomma in questo Black Brown And White non si inventa proprio nulla, ma lo si fa con estrema cognizione di causa. Garantisce la Disco Futurissimo del salernitano Alberto Maria Spezzaferro, già dietro all’uscita di un altro gioiellino dall’interessante copertina: il disco dei The Provincials di Rosario Memoli, che non a caso si occupa proprio del mix di quest’album.