BARONESS, Gold & Grey
Quindici anni scanditi da cinque lavori in studio e da una manciata di ep e split. Volendo ricondurre la carriera dei Baroness alla spietata tirannia dei numeri, questo è il quadro che ci si pone davanti, tratteggiato dalle tonalità cromatiche con le quali i musicisti di Savannah hanno scelto di caratterizzare i loro full-length precedenti: Red, Blue, Yellow & Green, Purple. E a distanza di ben quattro anni da quest’ultimo – che aveva peraltro sancito il passaggio da sonorità “southern sludge” alla Mastodon ad un amalgama che rendeva ancor più esplicita la loro matrice rock e progressive – i Baroness hanno dato alle stampe Gold & Grey. L’album, in tal senso, rappresenta indubbiamente la logica evoluzione del sound della band, pur essendone in qualche modo l’incarnazione maggiormente diafana e meno muscolare. Ciò si rende palese sin dall’opener quasi radiofonica, “Front Toward Enemy”, caratterizzata da un riffing corposo di matrice heavy, che avviluppa con movenze spiraliformi un refrain incisivo e catchy, in grado di restare ben impresso sin dai primi ascolti. La successiva, melodiosa “I’m Already Gone” ci permette di apprezzare appieno un altro tratto distintivo del lavoro, ovverosia la presenza omnipervasiva – e in alcuni frangenti prepotente – delle quattro corde di Nick Jost, enfatizzate da una produzione peculiare e divisiva, croce e delizia dei fan. Quest’ultima è difatti caratterizzata dalla possente distorsione del basso elettrico, che adombra le chitarre e crea delle risonanze in grado di mettere a dura prova i timpani dell’ascoltatore. Il piglio rockeggiante e aurorale, sinuoso come le figure femminili avvolte in drappi che campeggiano nell’artwork quasi liberty – ennesimo pezzo di bravura del poliedrico cantante John Baizley – pervade il resto della tracklist, dando luogo a composizioni incisive e piacevoli, che raggiungono il proprio acme con il dittico “Throw Me An Anchor” e “I’d Do Anything”, quest’ultima una ballad pregevolissima e straziante, nella quale, attraverso partiture pianistiche riverberanti e linee di chitarra in pulito, viene rappresentato il disagio di chi, vittima di un vuoto esistenziale quasi sartriano, coltiva un unico desiderio, quello di riacquistare l’orizzonte di senso perduto. Tuttavia da qui in poi che Gold & Grey inizia a mostrare le sue debolezze, nello specifico delle partiture ipertrofiche e prive di mordente. La cappa di grigio che avviluppa la coda del platter sembrerebbe dunque non essere all’altezza del sudario dorato dispiegato nella sua prima metà, finendo a lungo andare per minarne la tenuta. Pur non trovandoci dunque dinanzi al loro capolavoro, il più recente full-length targato Baroness merita senza dubbio un ascolto da parte dei fan di vecchia data. Chi invece non ha mai sentito nulla della band, troverà invece ben più soddisfazione nei suoi esordi.
Tracklist
01. Front Toward Enemy
02. I’m Already Gone
03. Seasons
04. Sevens
05. Tourniquet
06. Anchor’s Lament
07. Throw Me An Anchor
08. I’d Do Anything
09. Blankets of Ash
10. Emmett-Radiating Light
11. Cold Blooded Angels
12. Crooked Mile
13. Broken Halo
14. Can Oscura
15. Borderlines
16. Assault on East Falls
17. Pale Sun