BARBATOS, Straight Metal War
Barbatos è essenzialmente una one-man band, il factotum è Yasuyuki Suzuki, attivo dai primissimi anni Novanta con i black metallers Abigail e fautore del progetto Tiger Junkies insieme a Joel Grind dei Toxic Holocaust. Non che questo status giuridico “solipsistico” gli impedisca di suonare dal vivo, dato che si avvale di musicisti da ogni parte del globo terracqueo: a seconda di dov’è previsto il concerto è possibile dunque vedere i Barbatos su un palco (quando ne ebbi l’occasione, anni fa, la band era composta da musicisti finlandesi). Si tratta sicuramente di uno dei nomi principali nell’ambito del revival metal/punk e onore al merito per continuare imperterrito lungo questa strada. Straight Metal War è il quinto album in diciassette anni di attività, ma il primo negli ultimi nove. Qualunque ascendenza black metal è ormai sparita, quello che rimane è il solito concept a base di Sex, Drinks & Metal (ok, un po’ usurato, ma ormai è il marchio di fabbrica Barbatos) e una musica che oscilla fra sleazy rock’n’roll, cosiddetto, e speed metal con continui inserti di chitarra solista (la possiamo chiamare “solorrea”?) e con occasionali armonizzazioni di vecchia scuola britannica. Qualcuno sta forse pensando ai Midnight? Tutto questo è decisamente lecito e a un ascolto superficiale effettivamente non c’è nemmeno confronto, perché i Barbatos sembrano una specie di versione demo dei Midnight. Quindi perché buttarsi su di loro? Intanto i riff, sebbene scopiazzati di qua e di là, sono molto variegati, possiedono una certa brillantezza nel loro insieme e la noia viene scacciata facilmente. E poi c’è una vena punk decisamente giapponese che rende i Barbatos unici: la voce di Yasuyuki in questo disco, nell’alternanza fra urla folli e stonature quando canta pulito, unita all’inconfondibile accento del Sol Levante, rimanda a gruppi come LSD, Stalin, Poison, Gauze… Il mix ci offre un gruppo che riesce a essere inconfondibile nonostante sia derivativo al massimo. Non è poco, no?