AXIOME, 26/7/2020: “Creatio ex Nihilo”
Area Sismica in trasferta all’Arena Hesperia di Meldola (FC). Le foto sono di Cristian Filippelli, che ringraziamo.
Considerando che quella di domenica sera è stata una prima assoluta, e nel senso più radicale, visto che i membri di Axiome si sono esibiti sul palco senza fare prove, limitandosi ad uno scarno soundcheck prima del concerto, la scelta estetico-musicale di Michele Rabbia (batteria, laptop, elettroniche) di riunire, in un quartetto atipico, spurio e asimmetrico, Roberto Negro (pianoforte, pianoforte preparato, tastiere), Julien Desprez (chitarra elettrica, elettronica, effetti), Julien Loutelier (batteria, effetti) è andata oltre quell’experimentum mentis che caratterizza ogni coraggioso inizio: nel corso di due ampie e soppesate composizioni istantanee gli Axiome hanno impresso un sigillo sfavillante al loro atto di nascita estemporaneo, mostrando un livello di interconnessione non comune, un equilibrio stilistico che ha esaltato le peculiarità di ogni singolo, con una rara fluidità nella costruzione di ardite architetture ritmico-timbriche.
“Nel palazzo del nulla abita il tutto”, scriveva il cabbalista spagnolo Josef Taitatzak: è con questa frase-motto che si può cogliere appieno l’atto di creazione di quattro soggetti che gravitano attorno ad un tema non dichiarato: creatio ex nihilo, “creazione dal nulla”. In una sorta di ribollimento incandescente primordiale, fatto di improvvise emersioni di segnali di rumore, imposizione di micro-frasi politonali, espansione di ipermetri, e cavalcate ritmiche conquistate con una lentezza arborescente, lo spettatore si trova innanzi ad un nulla spalancato come abisso gravido di figure possibili. La sfida performativa di Axiome è quella di trascegliere le possibilità più significanti, di far decadere quelle meno condivisibili, adottando processi decisionali in parte simili alla musica stocastica, in parte assimilabili alla logica del call and response. Ma l’intenzione non è affatto quella di conquistare un’oasi musicale. Tutt’altro. I quattro peregrinano entro uno spazio pre-musicale, un’ambientazione sonora, letteralmente “apocalittica”, dove il gesto scolpitore ha la meglio sulla notazione e dove la risonanza differenziale dei timbri sorpassa ogni rassicurante certezza melodica. Una seconda sfida alla quale i quattro tengono chiaramente testa (lo si comprende ogni volta che si libera un intervento solistico) è quella di ridurre la tavolozza sintattica per meglio costruire il lessico. Se si ascoltano le singole performance dei musicisti si percepisce come ognuno faccia felicemente circuitare (e contro-circuitare) i seguenti parametri: metrica del gesto, architettura del timbro, senso di sviluppo ed inviluppo, bilanciamento delle dinamiche.
Ecco allora che si dispiega una scenografia sonora dove le collisioni tra biosfere e thanatosfere sono guidate da un processo binario di formazione-dissoluzione, dove particelle isolate agiscono nella libera forza di aggregazione, con un effetto simile a blocchi erratici e derive territoriali che si staccano da una massa informe, ricca di fenomeni acustici inauditi. Ne scaturisce un industrial noise lirico e straniante, complice il contrasto tra il florilegio scacchistico di distorsioni della chitarra di Julien Desprez (miscela estremistica di Nirvana, Bill Frisell, Marc Ducret) e lo spirito apollineo del pianismo di Roberto Negro (ben nutrito alla corte di Messiaen, Ligeti, Schnittke). La coppia percussiva Michele Rabbia – Julien Loutelier, pur con una divisione dei ruoli (più coloriture e proposizione per il primo, più beat e variazione per il secondo), quando guida il gioco, si fa tellurica, con una nettezza martellante in bilico tra new wave e post-metal. Tuttavia il portamento ritmico è materia di scambio che circola liberamente tra i quattro (si sono verificati anche quattro beat diversi e divergenti in contemporanea), in quanto ognuno può entrare ed uscire dal senso del tempo esplicito. L’elettronica è il quinto strumentista, presenza evanescente che caratterizza la personalità sonora di Axiome, che adotta, sostanzialmente, due linee guida: assecondare il lavoro della macchina, lasciando che i suoni rielaborati proliferino, da un lato, e, dall’altro, unirsi organicamente alle traiettorie macchiniche, imponendo direzioni e svolte. Circolarità, obliquità, collisioni, agglomerazioni, liquefazioni, sublimazioni: processi di formazione di una lingua collettiva, a partire dal nulla afasico. Al culmine di tutte le geometrie altamente interconnesse e deformate, la figura che erompe nell’immaginario visivo dell’ascoltatore è un grande poliedro che, a forza di essere colpito e scosso, si riconfigura in un ammasso pulsante tendente alla sfera, ma che non raggiunge mai questa forma. Se questa visualizzazione è possibile, è perché Axiome rende visibili i processi interni della composizione istantanea, piuttosto che l’intenzione musicale ed il suo risultato. Un felice esordio, carico di futuro.