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AUNTIE FLO / SARATHY KORWAR, Shruti Dance

Con questa loro prima collaborazione, disponibile anche su vinile (Phonica Records) con una magnifica copertina, Auntie Flo e Sarathy Korwar danno vita alla fusione-atomica-perfetta fra elettronica digitale di ultima generazione e musica tradizionale indiana, nella fattispecie del Sud Est nel suo ambito ritmico/percussivo.

Shruti Dance è composto da sei tracce, per un totale di circa 30 minuti di musica esplosiva, variegata, cangiante. Titolare del progetto è Brian d’Souza aka Auntie Flo, produttore e dj nato a Glasgow da famiglia originaria di Goa. Attivo dal 2011, è ormai una delle figure chiave della nuova elettronica inglese: incline inequivocabilmente al lato mondialista della musica, da Cuba all’Africa, dopo Goan Highlife (sempre del 2011) torna a volgere il suo sguardo poliedrico all’India… e chi meglio di Sarathy Korwar poteva condividere un lavoro di tale portata e – se vogliamo – anche così rischioso? Korwar è giramondo nel dna: nato negli Stati Uniti da genitori indiani, cresciuto a Madras, capitale dello Stato del Tamil Nadu, studia poi la tecnica del Tabla e dei Tabla Tarang a Puna, quindi su perfeziona sulle percussioni occidentali alla SOAS University di Londra, dove ora risiede e dove da anni collabora con tutta la scena del nuovo jazz britannico, da Shabaka Hutchings a Moses Boyd (tre, invece, i dischi solo a suo nome, Day To Day del 2016, My East Is Your West, live del 2018, e il clamoroso Mor Arriving del 2019).

Se riferimenti precedenti non mancano per questo approccio elettronico alla musica indiana, ad esempio le produzioni degli album di Tabla Beat Scienze di Talvin Singh, Auntie Flo e Korwar sono così in sintonia che dal loro incontro sembra scaturire come vera epifania una musica evidentemente gioiosa, ponderata, etnicamente tecnologica (se mi si passa il termine). Quando e dove finisce il digitale, l’amalgama elettrico s’impasta con il suono pulsante antico delle tablas e si fa materiale acustico inedito per questi sei movimenti incandescenti che speriamo solo un inizio per questo duo elettropoliritmico. La diaspora dei popoli dà i suoi risultati nonostante tutto e tutti e se in sanscrito “Shruti” significa “rivelazione divina attraverso il suono”, allora non c’è che da dischiudere i nostri sensi, non solo l’udito, perché attenzione: anche il Ballo è caldamente consigliato e dunque disporsi ad un ascolto profondo.

Per continuare con la musica proposta da Sarathy Korwar: a maggio è uscito Flock, altro progetto che lo vede protagonista assieme a Vula Viel, Danalogue, Al Mac Sween e Tamar Osborn: un disco astratto, cinematico, 65 minuti di jazz contemporaneo visionario, consigliatissimo anch’esso.