ASTRID SONNE, Human Lines
Il nuovo album di Astrid Sonne suona come un gatto che gioca con la teoria delle stringhe, fabbricando un numero enorme di possibili universi. Sonne produce anzitutto musica elettronica, inserendo strumentazione orchestrale sintetica in alcuni frangenti più ambient. Usa lo stesso tipo di ripetizioni, contrasti, distorsioni e pause di alcuni suoi contemporanei appartenenti al collettivo Escho di Copenaghen (ad esempio Eric Copeland e Smerz), generando col computer cori deformi, suoni lontani di archi e altri pattern ancora.
Il risultato è malinconico e pacifico. Con le ripetizioni e le stratificazioni del pezzo introduttivo (“Also”) Astrid crea vari spazi, trasformando il caos di tutte le nostre percezioni – e del flusso di informazioni che riceviamo – in qualcosa di interconnesso, che si accavalla muovendosi molto velocemente, ma tutto questo senza usare la solita esca del beat. La traccia successiva (“In”) è un cambio di passo, è ambient con campionamenti: è un contrasto che scuote non poco e che non lascia mai l’ascoltatore nel pantano delle sue aspettative. Naturalmente in seguito avviene la stessa cosa: “Real” possiede un sound glitchy e quasi breakcore, mentre “Life” è più soave e melodica.
I mondi si scontrano e cambiano, si passa continuamente da momenti tranquilli ad altri incalzanti, spesso con buchi nel mezzo, come se una ninna nanna interrompesse Venetian Snares. “00000” copre il suono distante delle campane di una chiesa con una valanga di rumore bianco. Le reiterazioni sono tenui e sostenute: in “A Modular Body” sembrano stare dietro una collina, invisibili a occhio nudo, ma ancora risonanti.
Altri pezzi evocano scene più domestiche, come “Overexisting”, che suona come un bambino che fa i capricci in cucina. La gravità alla fine vince, tutto scende lentamente. Le batterie si scaricano, il disco diviene triste e lugubre nel momento in cui si arriva ad “Alta”, una partitura per violini. Ci sono sia silenzio che volumi elevati, sia note prolungate che melodie più complesse poste l’una sull’altra.
In generale si tratta di un album eccellente, e dovrebbe incuriosire chiunque si interessi di contemporanea, elettronica avantgarde, o chi desidera viaggiare per mondi e posti diversi. Come se Steve Reich avesse composto con un Commodore Amiga.
Tracklist
A1: Also
A2: In
A3: Real
A4: Life
B1: 00000
B2: Overexisting
B3: Wav
B4: A Modular Body
B5: Alta
Qui una versione inglese della recensione.