ASSUMPTION, Absconditus
Qualche anno fa vi abbiamo parlato molto bene di un ep, The Three Appearances, dei palermitani Assumption, che con le sue quattro tracce ci proponeva un death/doom di ottima fattura. Dietro questo progetto ci sono Giorgio Trombino e David Lucido, che su queste pagine sono già apparsi diverse volte soprattutto grazie agli Haemophagus (in cui militano dal 2004) ma anche per via della loro militanza (non per forza insieme) in tante band, come ad esempio Morbo, Gravesite, Six Circles o Elevators To The Grateful Sky.
In questo caso si presentano come duo, con un materiale che per forza di cose non potrebbe entrare nei dischi degli altri gruppi in cui sono coinvolti: lentissimo, monolitico, pesante come un macigno, oscuro e dal carattere molto meditativo. C’è chi definisce questo sound come funeral doom, ma al di là delle etichette possiamo garantire che i tre pezzi su questo primo full length sono tutti di ottima fattura. I nomi di riferimento sono Thergothon, dISEMBOWELMENT, Esoteric e Winter, ma anche chi non ama particolarmente questi gruppi può trovare interessante il materiale su questo disco. Le danze si aprono con “Liberation”, che con i suoi 15 minuti riesce a far viaggiare grazie a un arpeggio in pulito molto etereo e ai riff rocciosi successivi. In “Resurgence”, invece, c’è una bellissima intro coi fiati, molto inquietante e misteriosa, che ricorda parecchio le composizioni di György Ligeti, Luigi Nono o Franco Evangelisti. Già nella title-track dell’ep precedente avevano sperimentato un espediente similem ma con il pianoforte: queste soluzioni, oltre a essere molto belle, sono anche molto funzionali a rendere il tutto più scorrevole, visto che il rischio quando si percorrono queste strade è quello di presentarsi con un mattone indigeribile che possono ascoltare solo i fan più accaniti.
Rispetto a quanto fatto in passato, i suoni sono molto più puliti, più chiari e meno riverberati. Il sound degli si sta gradualmente liberando del retaggio death metal (su The Three Appearances lo spettro degli Incantation era molto presente) per abbracciare un doom metafisico, spaziale e introspettivo.
A osto di risultare banali, è giusto precisare un concetto che sembra scontato ma non lo è: scrivere un pezzo di quindici minuti (in questo caso ben due) non è un processo facile, e se pensate che il funeral doom sia solo “quattro riff con le chitarre accordate basse, a 30 bpm, prolungati fino all’infintio”, vi sbagliate di grosso. Basterebbe la terza traccia di questo album, “Beholder Of The Asteroid Oceans Part I & II” per confutare questa teoria, dato che, oltre alla sezione doom/death, c’è una parte in pulito che rende il tutto più interessante (oltre all’effetto “campana tibetana” intorno al settimo minuto). Gli Assumption in questo si dimostrano validi: nell’essere fluidi, nel riuscire ad avere una qualità che nel genere non tutti hanno. Per questo motivo Absconditus è un disco che merita la vostra attenzione anche se il solo pensiero di sentire un pezzo che duri più di cinque minuti non vi va molto a genio.