ASHENSPIRE, Hostile Architecture
Odio l’approccio paternalistico con cui media e politica trattano di politiche abitative e degrado urbano. Il cosiddetto “decoro” viene ripristinato a colpi di panchine anti-senzatetto, nuovi centri commerciali e servizi di Brumotti nelle piazze dello spaccio, ma dietro al termine “riqualificazione” si nasconde sempre più spesso anche la chiusura di servizi assistenziali, luoghi di aggregazione e spazi per la cultura.
Sono qui a parlare dell’ultimo album degli Ashenspire, non per fare un comizio. La loro musica però non può essere separata dalle tematiche fortemente politiche di cui si fanno promotori: basti pensare che nel disco d’esordio Speak Not Of The Laudanum Quandary si scagliavano senza mezzi termini contro l’imperialismo britannico. In Hostile Architecture il dito è puntato proprio contro le moderne strategie di pianificazione urbana, pensate per tutelare l’ordine pubblico, ma che di fatto si stanno trasformando nell’ennesimo strumento di gentrificazione e oppressione.
Lo stile della formazione di Glasgow è affine a quello dei coisolani (stavo per scrivere connazionali, ma parliamo pur sempre di inglesi e scozzesi!) A Forest Of Stars e dei norvegesi Vulture Industries, vale a dire un avant-garde metal dalle atmosfere decadenti e caratterizzato da una spiccata teatralità. In queste otto tracce fanno però capolino reminescenze del black metal atmosferico degli Altar Of Plagues, mentre la forte impronta jazz strizza l’occhio a band come i Kilimanjaro Darkjazz Ensemble (“Plattenbau Persephone Praxis”).
Da queste influenze scaturisce un’opera fatta di contrasti, in cui le trame raffinate di violino e sassofono fanno da contrappunto a distorsioni di chitarra e blast-beat. L’andamento nervoso di pezzi come “Béton Brut” e il singolo “Tragic Heroin”, costantemente in bilico tra dissonanza e melodia, furore metal e interludi di cupa introspezione, evoca disturbanti paesaggi post-industriali e lo sqallore dei quartieri dormitorio. Da sottolineare poi l’utilizzo dello sprechstimme alla voce, che rende le atmosfere del disco ancora più drammatiche e alienanti (magistrale l’interpretazione in “Cable Street Again”).
Gli Ashenspire non si limitano ad una cruda rappresentazione della vita nelle periferie: Hostile Architecture è una critica alla società capitalista tout court, le cui politiche abitative stanno distruggendo il tessuto sociale delle nostre città, oltre ad esasperare il gap tra la ristretta cerchia dei ceti più abbienti e la massa.
L’album esce per l’italianissima code666, di cui facevano parte anche gli Ephel Duath di Davide Tiso, altro gruppo dalle coordinate simili. Insomma, merita tutta la vostra attenzione.