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ASH BORER, Bloodlands

Bloodlands

Impossibile negare il fatto che gli Ash Borer siano uno dei fenomeni più importanti e discussi emerso dall’underground metal statunitense in questi ultimi anni, capace di ritagliarsi nel giro di poco tempo una posizione di rilievo anche grazie a uscite azzeccatissime come il self-titled del 2011 e lo split assieme a Fell Voices (loro prima collaborazione con Gilead Media). L’estate scorsa è uscito il loro secondo lp, Cold Of Ages, senza dubbio un lavoro interessante ma non così clamoroso come annunciato con troppo facili entusiasmi, seppur capace di giungere a soluzioni quantomeno gustose. Bloodlands parte proprio da dove si era fermato il suo predecessore e, anche se non aggiunge nulla di particolarmente innovativo alla discografia degli Ash Borer, bisogna in ogni caso sottolineare che ne rappresenta un degno capitolo successivo, al cui interno trovano spazio suoni ancora più solidi e diversificati.

Tre pezzi per trentacinque minuti di durata: come da tradizione anche questo ep viene costruito su lunghe composizioni eterogenee che, nonostante le diverse declinazioni, risultano tutte accomunate tra loro da un “umore” condiviso, da un senso melodico latente che non scompare mai. “Oblivion’s Spring” si apre con una prorompenza d’altri tempi, per poi prolungarsi in lugubri dilatazioni atmosferiche disseminate senza regolarità, a cui si alternano dure sequenze di blast beat che donano all’insieme un’imprescindibile robustezza. Un brano intenso, dinamico e ben costruito, che recupera il sound caratteristico di Cold Of Ages senza tuttavia soffrire della sua destabilizzante staticità, mostrandoci di conseguenza un gruppo decisamente ispirato. La voce questa volta viene impostata su di un profilo piuttosto basso e copre un ruolo di complementare utilità (niente di fondamentale, quindi, anche se quando compare risulta sempre indovinata). Quello che colpisce più di tutto, comunque, rimane l’uso delle chitarre, sempre ricche di distorsioni in grado di evocare effetti torbidi e offuscati che regalano al disco intero un tono vagamente weird. Riff malinconici e synth saturati introducono poi “Dirge”, massiccia dimostrazione di oltranzismo squisitamente metallico non priva di reminescenze e riferimenti alla scena black metal del passato. Il pezzo procede con passo inarrestabile fino alla dissolvenza in “Purgation”, sua naturale continuazione, che cerca di ripercorrere a grandi linee quanto sviluppato finora, ma riuscendoci solo in parte.

A conti fatti verrebbe da dire che Bloodlands è un altro bel colpo portato a segno dagli Ash Borer, che dopo la mezza delusione di Cold Of Ages sembrano aver raggiunto il giusto equilibrio. I presupposti per qualcosa di definitivo ed essenziale a quanto pare ci sono tutti, vedremo cosa ci riserveranno in futuro questi ragazzi californiani.

Tracklist

01. Oblivion’s Spring
02. Dirge
03. Purgation