ANTOINE CHESSEX, 30/1/2014
Bologna, Raum.
Arrivo a piedi verso via Ca’ Selvatica, con un meteo che non onora l’evento proposto dal Raum. La pioggia fa ritardare il pubblico, che però non mancherà di presenziare. Appena lo spazio si riempie, ci si può accomodare sulle postazioni – sempre originali – dalle quali godersi lo spettacolo.
Dopo una breve introduzione al personaggio, cala il silenzio religioso caratteristico del Raum e, con calma, l’artista può cominciare a esprimersi in libertà. Chessex dimentica del tutto la linea più harsh che caratterizzava i suoi lavori d’esordio, alleggerisce i toni in favore di un altro strumento, tipico invece della seconda parte della sua produzione: il sax. Nonostante quanto appena scritto, il musicista svizzero non tralascia la parte elettronica, composta da basi registrate su vinile, atte a creare un ambiente sonoro con il quale duettare e interagire: si va da field-recordings a frequenze simili a quelle del sax stesso. Si nota che quest’ultimo viene amplificato tramite un microfono, collegato a quelle casse dalle quali escono anche le basi sulle quali Chessex ricama la propria performance. Eccomi quindi di fronte a uno stravolgimento dei sensi, confusi dalla combinazione di musiche che si fatica a riconoscere come acustiche o elettroniche. È su questo paradosso che si gioca: Chessex si allontana e si avvicina al microfono, ci fa sentire le differenze tra qualcosa che passa per un filtro elettrico, basi pre-registrate e squillante suono puro, accentuate da una continuità possibile grazie al circular breathing (una tecnica molto in voga tra i sassofonisti contemporanei, figli della generazione di – tra gli altri – Anthony Braxton, attraverso la quale è possibile non interrompere mai il flusso della musica perché si deve rifiatare).
Il sax diventa sempre più ipnotico, le variazioni si esprimono al meglio mentre Chessex si sposta nella stanza. La nostra attenzione va fuori fuoco. L’illusionista, insomma, ci strega coi suoi trucchi, fa chiedere a noi stessi cosa stiamo realmente ascoltando: un suono registrato o vibrazioni acustiche? Ecco il principale tema di dibattito alla fine di quest’ennesima serata di qualità offertaci dal Raum.