ANTHONY PATERAS, 5/10/2018
San Pietro Al Natisone (UD), SMO.
Questa volta Hybrida – sempre nell’ambito di Forma – Free Music Impulse – mi dà l’occasione di conoscere il sorprendente SMO (Slovensko multimedialno okno – Finestra multimediale slovena) di San Pietro al Natisone (UD), un luogo che vuole raccontare le storie della zona all’estremo nordest dell’Italia in cui si trova, utilizzando parola scritta, video e audio. Un museo decisamente multimediale, insomma, al cui centro oggi siede l’australiano Anthony Pateras. Artista persino troppo eclettico, presenta “This Ain’t My First Rodeo”, performance che parte da una frase di Adrienne Rich: “All’inizio ogni nuovo apprendimento sembra caos”. Credo che Pateras, nel citare Adrienne Rich (e pure il rodeo), si riferisca all’armamentario analogico “da domare” che appoggia sul tavolo, che mi ha raccontato essere il suo nuovo set elettronico solista. Lui è un uomo con una personalità molto forte ed è molto determinato a diventare maestro nell’utilizzo di questo tipo di strumentazione, che preferisce al software. Per dire di quanto è irrequieto, l’altra volta che ho avuto occasione di vederlo in Italia, un annetto fa, era seduto di fronte a un “normalissimo” pianoforte, col quale avrebbe suonato il lungo ed estenuante – per il suo fisico – “Blood Stretched Out” (ne parliamo approfonditamente nella nostra intervista), una situazione in apparenza molto diversa da quella statica di stasera, anche se in entrambi i casi si tratta di un suono continuo che muta quasi impercettibilmente. Pateras, infatti, circondato da un pubblico seduto silenziosamente, sospende il tempo attraverso un drone quasi puro, tanto che mi viene il dubbio che sia lui a celarsi dietro lo pseudonimo Eleh, non fosse che l’unica cosa che si sa di quest’ultimo è che è americano. Di certo entrambi, anche se Anthony è decisamente meno rigido, sono molto interessati all’esplorazione di singoli timbri, sui quali insistono fino allo stremo. Ciascuno di noi, di fronte a uno spettacolo così astratto, può compiere un viaggio del tutto diverso da quello del vicino di sedia. Quel che è certo è che – una volta accettate le regole del rodeo – per un periodo percepito in modo diverso da ogni singola persona (un secondo o dieci anni?) si interrompono i rapporti con la realtà esteriore. A fine concerto mi chiedo se non sarebbe il caso di sfruttare più spesso lo SMO per questo tipo di musiche e mi riprometto di vedere paesaggi poco distanti da casa mia che ho sempre stupidamente snobbato.