ANTARES, Big Trouble In Appletown
Rock’n’roll energico e venato di punk, hard-rock a cavallo tra AC/DC e Motörhead, attitudine street degna della prima scena glam losangelina, piglio cafone e dito medio puntato al mondo. Una volta si sarebbe definito crossover, a tratti viene anche in mente il momento preciso in cui un disco come questo sarebbe potuto essere considerato normale, non certo oggi che certe sonorità sembrano aver preso strade separate e si incontrano sempre più raramente. È vero, il crossover tra stili esiste anche oggi, ma è cosa differente, non è come in questo caso un collidere di energia e divertimento al di fuori di ogni gabbia solo per fare ancora più casino e rendere quanto più adrenalinica possibile la propria formula sonora. Perché, piacciano o meno, gli Antares sono unici e per questo attraggono anche chi certe sonorità in genere le apprezza malvolentieri: non sono il classico gruppo rock‘n’roll distorto, men che meno sono etichettabili come punk-rock, sembrano piuttosto degli Hanoi Rocks impegnati a fare le cover dei Rose Tattoo con gli strumenti dei Motörhead e l’indole iconoclasta dei Fear, tanto per dire una cosa senza senso eppure in qualche modo ficcante. Sono l’ala strafottente e indisciplinata di ogni scena, quella che non segue le regole e fa sempre la cosa meno cool al momento sbagliato. Gli Antares sono il rutto alla cena di lavoro, la scoreggia in ascensore, la grattata di chiappe alla fermata dell’autobus… Tutte cose che non si fanno, ma anche dannatamente liberatorie. Dieci tracce dieci, dieci potenziali anthem da cantare sotto la doccia e da mandare a tutto volume in auto, sparate dalle casse grazie ad un power-trio come si comanda, basso, chitarra, batteria e via pedalare. Niente fronzoli, niente limiti di stile, proprio come una merendina ipercalorica che se ne sbatte di fondere insieme gusti differenti, tanto sono tutti dolci. Ecco, il trait d’union degli Antares è il rock’n’roll, ogni sua declinazione ci può stare e trova posto in questo Big Trouble In Appletown.