Angelica Festival: Marshall Allen (8/5/2014)
Bologna, Teatro San Leonardo.
Il 2014 segna il centenario della nascita di Sun Ra, una figura rivoluzionaria e avanguardista, che ha scritto svariate, visionarie pagine della storia del jazz, in seguito rilette da tutti gli stili musicali. Quest’anno viene tagliato un altro traguardo: i 90 anni di Marshall Allen, colui al quale è stato passato il testimone dopo la morte di Ra e che quindi ha portato l’aliena Arkestra fino ai giorni nostri. Angelica ci regala una prima assoluta del quartetto formato dallo stesso Allen, accompagnato da un altro membro dell’Arkestra, il batterista Avreeayl Ra; al contrabbasso e violino c’è poi Henry Grimes, una sorpresa se consideriamo la storia curiosa che lo vede riemergere dopo 35 anni di buio assoluto, e infine abbiamo la pianista Ka, lei stessa immersa in un mare di collaborazioni, tra cui anche l’Arkestra.
Il Teatro San Leonardo si riconferma (dopo ieri sera, con Mario Bertoncini) una location versatile ed ospitale, dato che sprigiona un fascino malleabile, adatto alle diverse proposte del festival, per merito soprattutto di un utilizzo intelligente delle luci, che trasmettono un’atmosfera da limbo, neutra, quella cioè di un luogo in attesa di venir definito dagli artisti che valicheranno la sua porta. Quest’ambiente così “permissivo” diviene parte di un forte contrasto quando Allen e soci si svelano di fronte a un pubblico oggi molto numeroso, che del resto dovrebbe sapere cosa aspettarsi, perché l’immaginario “afro-spaziale” creato da Ra prendeva corpo anche grazie a dei costumi, che stasera consistono in cappellini con paillettes rosse e gialle, oltre a smanicati dai colori sgargianti e psichedelici (ricordiamo comunque che chi li indossa ha dai 50 ai 90 anni). Perfetta, insomma, la presentazione in pieno stile Arkestra… il resto ipnotizzerà ancora di più.
Nel 1972 Sun Ra scrisse un film, “Space Is The Place”, nel quale si possono trovare – riassunte – le caratteristiche filosofiche e musicali dell’Arkestra. È incredibile come fin dalle prime leggere note, generate da un mini-casio, piatti e da qualche accenno di piano e basso, ci si riesca a teletrasportare – proprio come fa letteralmente Ra – nell’immaginario di quel film. I toni scomposti e paradossali di un’elettronica accennata anni ’70 e di uno jazz svezzato nei ’50 mi mandano verso il Sole o verso Saturno, alla ricerca di nuove origini e nuove soluzioni mentali. Quando i motori si accendono, è proprio Allen a causare lo scoppio: quello che sembrava un anziano, composto musicista, rinasce ora massa energetica senza limiti nel proprio universo stellato. Soffia dentro il suo sax tutti i suoi polmoni, lo accarezza come una donna e fa stridere l’aria come se stesse viaggiando nel finale di “2001, Odissea Nello Spazio”. Una grinta che mi lascia senza parole e con un sorriso stampato in faccia, incapace di andarsene nonostante alcune parti siano di un’intensità tale da commuovere. Il concerto dura quasi due ore: lo scheletro principale è composto da calme e illusionistiche visioni spaziali, durante le quali il mini-casio si ritrova a essere quasi protagonista. Molto interessante è la tecnica utilizzata da Ka per il piano: partendo da singole note, comincia a far confondere i tasti e a premerne sempre di più in contemporanea, fino ad arrivare a utilizzare i pugni e persino le braccia; quando ciò accade si entra nell’altra fase importante di queste improvvisazioni, in buona sostanza un climax nel corso del quale il sax s’innervosisce e la batteria alza la voce, fino a diventare quasi paurosa. Cupo è anche Henry Grimes, che rimane con la fronte aggrottata e impenetrabile: è molto pacato nel suonare sia il violino, sia il contrabbasso, e non si espone nemmeno quando recita quella che sembra una delle sue poesie contenute in “Signs Along The Road”. Molti sono gli strumenti attraverso cui il quartetto aggiunge sensazioni alla sua costellazione: tra questi troviamo flauti (a volte elettronici) e zanza. Il viaggio cosmico potrebbe non avere mai fine: l’entusiasmo di queste persone dura da oltre cinquant’anni e viene trasmesso anche a noi, che siamo ormai come degli adepti sconvolti da una visione.
La foto di Marshall Allen è © Giuseppe De Mattia. Lo ringraziamo per averci dato il permesso di pubblicarla.