ANDREW BIRD, Break It Yourself
Potrebbe spiazzare questo disco – per quanto in fondo sia un back to the basics – nel quale Andrew si affranca dal pop sofisticato e dagli artistici tic nervosi dello splendido duo Noble Beast e Armchair Apocrypha, figli dell’altrettanto valido Andrew Bird & The Mysterious Production Of Eggs. Via tutti gli armamenti digitali: le registrazioni si sono tenute – insieme a un gruppetto di amici musicisti – in un granaio poco fuori Chicago, con strumentazione analogica e chitarre acustiche varie, nonostante non manchino inserti di archi e un afflato da pop cameristico che affiora in maniera chiara, nonostante tutto il disco sia d’impronta smaccatamente folk. Break It Yourself non è il lavoro più importante né il migliore di Andrew, ma convince perché, oltre alla forza di alcune melodie e alla perizia con cui sono dosate lungo tutta la scaletta, appare sincero e umano. Sembra evidente il desiderio di misurarsi con la propria arte, il proprio modo di essere musicisti e le proprie idee è evidente, così da capire come esprimerle nelle forme che al momento paiono migliori. Magari poi si parlerà di episodio minore della discografia, ma è attraverso questi episodi, e alla loro validità “da minori”, che si riesce a rinascere e a rimanere fuori dal burrone del manierismo e dei personaggi auto-costruiti in cui ci si rifugia senza neanche accorgersene. In un certo senso, lo sottolineano anche dei testi che non rifuggono tenebrose e umane scorribande nei territori della morte (o dell’oblio), con particolare riguardo alla funzionalità che questa ha nel definire la vita.
Tracklist
01. Desperation Breeds…
02. Polynation
03. Danse Caribe
04. Give It Away
05. Eyeoneye
06. Lazy Projector
07. Near Death Experience Experience
08. Behind the Barn
09. Lusitania
10. Orpheo Looks Back
11. Sifters
12. Fatal Shore
13. Hole In The Ocean Floor
14. Belles