ANASTASIA COOPE, Darning Woman

La rammendatrice, questo è il titolo tradotto del primo album di Anastasia Coope, giovane creatrice di “spazi sonori”, dipinti, disegni ed opere a tecnica mista. Nata da padre inglese e madre americana, è cresciuta a Cold Spring, nello stato di New York, vicino allo Hudson Highlands State Park. Sembra che il suo avvicinamento alla musica sia stato casuale, registrando la chitarra in una stanza, sovrapponendo piste di voci e chitarra utilizzando solo un programma installato sul suo computer (con una DAW, digital audio workstation, come Logic o Live avete un mare di possibilità sul vostro computer). Abituata a visualizzare le sue idee graficamente, Anastasia ha iniziato a sommare tracce vocali come se fossero pennellate, creando così delle canzoni vocalmente ricche, ma musicalmente minimali. Nelle nove tracce del suo album di debutto Darning Woman, uscito da poco per Jagjaguwar, la voce è l’elemento attorno al quale si sviluppa tutto il resto: l’effetto creato mi ricorda i dischi folk psichedelici anni Sessanta in cui la sovrapposizione delle voci crea dei mantra che formano cori improvvisi e dei vocalizzi si stagliano improvvisamente scontrandosi fra loro. Il pianoforte e la chitarra fanno una sparuta comparsa nel brano di apertura “He Is On His Way Home, We Don’t Live Together” ed il piano in quello di chiusura “Return To Room” insieme ad un flebile sax. Il resto è lasciato alla chitarra acustica e alle stratificazioni vocali della Coope. Sicuramente è un album coraggioso, fatto da una ragazza di 21 anni che non ha timore di mostrarsi così com’è: una donna che cerca di unire le sue idee ed il suo essere, così come una rammendatrice lavorerebbe su un tessuto da riparare.