AMBASSADOR GUN, Tomb Of Broken Sleep
Torna il trio di Minneapolis, questa volta fa ancora più sul serio e con accresciuta convinzione nei propri mezzi, visto che si auto-produce. Alludo alla compattezza delle sonorità: davvero ottundenti le spirali chitarristiche a perdifiato di “Narcotic”, per dire, o la cattiveria di “Invaders”, tanto che sembra quasi di star ad ascoltare dei Corrosion Of Conformity più violenti del solito. Rispetto quindi al lavoro precedente, Golden Eagle (2012), i tre hanno, se possibile, tirato con più vigore la corda dell’estremismo sonoro, anche troppo forse, vedi la piattezza monolitica di “Once Upon The Sauce” o le mitragliate della traccia che dà il titolo al disco, mantenendosi comunque brevi nel minutaggio dei singoli brani, e non potrebbe essere altrimenti, date l’estrema fragilità/ripetitività dei canoni adottati e le temperature incandescenti dell’insieme. In molti passaggi di questo Tomb Of Broken Sleep, in effetti, la furia grindcore s’innesta senza colpo ferire in un impianto stilistico tanto ben circoscritto quanto piuttosto facilmente intellegibile, ma in certi frangenti le cose si stemperano pure (sempre relativamente, va detto): si ascoltino i ghirigori quasi orientaleggianti di “Mighty Steed” o la più melodica ed articolata “County Fair Massacre”. Siamo quindi al cospetto di un’uscita adatta a chi ha la determinazione, e orecchie ed attributi, per sorbirsi tutto d’un fiato questo salutare bicchiere di gustosa trielina. Roba esclusivamente per stomaci forti, insomma.