ALUK TODOLO
I francesi Aluk Todolo sono Shantidas Riedacker (chitarra), Matthieu Canaguier (basso) e Antoine Hadjioannou (batteria). Legati al black metal, dato che la band Diamatregon a oggi altro non è che una loro diversa incarnazione, così come alla psichedelia, visto che almeno due di loro hanno fatto parte dei Gunslingers, chiamano “Aluk Todolo” (rito funebre del popolo Toraja dell’ Indonesia) il luogo della sperimentazione. Quello del nesso tra i riferimenti contenuti nel nome e nell’immaginario e la sua musica, di fatto esclusivamente strumentale, è un argomento che il gruppo non svolge mai, limitandosi a far notare come il suo sound sia per certi versi dettato da un altrove al di fuori da ogni possibile razionalizzazione, motivo anche del suo registrare live gli ultimi album.
La storia comincia nel 2006 con un sette pollici per l’ormai defunta Public Guilt: entrambi i lati mostrano punti di contatto col kraut (Neu! e Amon Düül di Yeti), ma tutto è ancora in una fase embrionale e si può capire solo che il gruppo intende muoversi libero e psichedelico, sempre con la filosofia “less is more” e “necro” delle sue origini.
Con Descension (2007, di nuovo Public Guilt, ma questa volta c’è anche Riot Season) i tre rallentano e declinano le influenze “tedesche” in maniera tale da trasformarsi in una specie di This Heat doom, con addosso la negatività e le dissonanze dei primi Darkthrone. Quando parlo di Descension e del suo collegamento con lo storico gruppo post-punk, penso soprattutto a “Horizontal Hold”, che i francesi in qualche modo trasformano nella loro liturgia personalissima e circolare. Anche qui però non ha senso sovra-analizzare, attaccando chissà quali etichette su quest’album, perché è molto più importante lasciarlo occupare la mente e corromperla o illuminarla, a seconda dei punti di vista. Con un esordio di questo livello, si capisce ad esempio perché i Sunn O))), ogni volta che si trovano in Europa (rectius: quando Anderson raggiunge O’Malley in Europa), li chiamino da qualche parte a suonare con loro, per esempio l’anno scorso erano assieme all’olandese Le Guess Who?, curato in parte dagli americani. Cosa accomuna queste persone? L’aver capito che il metal, portato all’estremo, apre varchi su altre realtà, alle quali nemmeno sapeva d’essere vicino. Breve viaggio nel futuro, prima di riprendere il racconto: nel 2011 esce Ordre, con dentro materiale proveniente dal periodo di Descension che mette in evidenza l’approccio deviante della band in quegli anni.
Finsternis (“buio” in tedesco) esce nel 2009 per la grandiosa Utech Records e viene posto all’interno di una serie di lavori il cui artwork è curato dall’allora quotatissimo Stephen Kasner (poi scomparso, non so e non m’importa perché; i gossip li lascio agli scemi e ai falliti). È la prosecuzione di Descension, o almeno io la vedo così: ancora minimalista e basato sulla ripetizione, sempre primitivo e nerissimo, forse più noise e pesante. In questo stile abbiamo il pezzo sullo split a 4 con Saturnalia Temple, Nightbringer e Nihil Nocturne e (forzando) quelli sulla collaborazione col furbo Albin Julius, un disco piuttosto trascurabile. A questo punto gli Aluk Todolo, rimanendo riconoscibili, cambiano passo.
È il 2012, la band ha un accordo per l’America con Ajna Offensive e per l’Europa con Norma Evangelium Diaboli. Occult Rock è un album doppio, composto da 8 tracce della durata di dieci minuti ciascuna. Non ero lì, ma direi che il gruppo è entrato in studio sapendo già cosa fare, registrandolo senza overdub o altri trucchi da utilizzare ex post. La “magia”, la trance, l’unicità del cerimoniale sono elementi ai quali gli Aluk Todolo danno un peso, decidete voi quanto decisivo. Occult Rock, all’inizio, procede in moto talmente veloce da assumere un sound spaziale mentre si ricongiunge con le origini black metal dei tre, mantenendo la parentela con le reiterazioni kraute di Can, Neu! e compagnia e bilanciando tutto con rallentamenti doom soffocanti. Sul secondo disco ci sono inoltre tentativi di plasmare in modi ancora diversi il proprio marchio di fabbrica, ma il brano finale torna sui lidi sinistri e al ralenti di Descension.
Voix, uscito quest’anno sempre per Ajna e Norma Evangelium Diaboli, si salda col precedente Occult Rock. Più conciso del suo illustre predecessore, vede la band alla ricerca di sfumature di suono sempre più personali, ancora all’interno di quella fetta di terreno tra psichedelia, kraut e black, al solito con movimenti ipnotici e reiterati all’infinito. Il basso di Canaguier è più che mai motore del gruppo (in alcuni momenti ho pensato a Cisneros negli Om), mentre la chitarra di Riedacker gli disegna davanti enorme distese da affrontare. Il disco sostanzialmente è una sola, lunghissima corsa, ogni brano è il seguito del precedente e ogni volta la band riesce trovare l’energia per attaccare di nuovo, laddove altre si sarebbero fermate. Il loro è un rito unico, durante il quale buttano fuori tutto quello che hanno dentro, una scelta “formale” che influenza molto la sostanza del loro disco e il modo in cui viene percepito.
Dopo aver definito qualcosa di così personale, mi chiedo davvero come riusciranno ancora a progredire o affinarsi. Nell’intervista ad Antoine ho scordato questa domanda, ma tanto mi avrebbe risposto che non dipende da loro…
Ti ho intervistato nove anni fa, nel 2007, quando uscì Descension per Public Guilt. Da allora ho continuato a considerare gli Aluk Todolo una delle band più promettenti dei 2000. Oggi, nel 2016, sono felice di vedere che avevo ragione. Nel 2007 sembravate già molto coscienti e sicuri di ciò che facevate. Mi pareva che non doveste imparare nulla, che aveste già raggiunto la maturità. Che avete imparato, invece, in questi ultimi nove anni?
Antoine Hadjioannou: Grazie per le parole gentili, ma di sicuro noi abbiamo imparato e abbiamo ancora bisogno di imparare un sacco di cose. È una domanda difficile, perché gli elementi essenziali del nostro modo di fare musica sono lontani dal poter essere spiegati a parole. La musica è una missione per noi, una missione per conquistare la realtà o dominare la coscienza. Questo significa che stiamo imparando tuttora, ma non sono certo che sappiamo. La musica è un’insegnante inflessibile, alla quale tu devi rispetto, devozione e umiltà. Se non lo fai, la Musica smetterà di avere interesse nell’insegnarti qualcosa. Potrei dirti che negli ultimi nove anni ho capito come sistemare la mia batteria, come piazzare i piatti, potrei raccontarti di come mi siedo e della posizione che tengo con la schiena, ma la verità è che studio ogni giorno. Stiamo imparando come ascoltare e penso che il giorno in cui un musicista ha finito d’imparare, non deve più suonare e deve sparire nel silenzio.
Siete una band strumentale e non avete bisogno di parole per esprimervi. Anche l’avere/sentire una “voce” non significa necessariamente avere/sentire un “linguaggio”. Cos’è la voce per voi?
Aum Tat Sat.
Quale è il ruolo dell’improvvisazione nella vostra musica? Sembra che istinto e immediatezza siano una grossa parte del vostro modus operandi.
L’improvvisazione è presente nel corso del processo di elaborazione della nostra musica, ma noi non improvvisiamo durante i nostri show o nelle sessioni di registrazione: tutto il materiale degli Aluk Todolo è composto. Nel contesto della nostra band, però, che è strumentale e ha come scopo ipnotizzare e mandare in trance l’ascoltatore (ed essere enteogena come ultimo obiettivo), l’interpretazione è improvvisazione, posto che noi immaginiamo la nostra musica come un archetipo e cerchiamo di riproporla mettendo attenzione e intenzione in ogni nota, proprio nell’attimo in cui la suoniamo. In questo caso, l’improvvisazione è inevitabile, siccome ogni istante di musica è quasi un accidente. In questo contesto la disciplina diventa libertà, e più la musica è scritta, più siamo in grado di metterci istinto, nel momento in cui realizziamo che – anche se volessimo – non potremmo mai suonare due volte la stessa cosa.
E quale è il ruolo della ripetizione nella vostra musica?
Uno può vedere la ripetizione come un metodo semplice per raggiungere la trance o uno stato d’ipnosi, ma il ruolo della ripetizione nella nostra musica è lo stesso di quando si recita una preghiera o un mantra, si tratta di fuggire dal significato per raggiungere l’essenza vibrante delle pulsazioni e delle note, che si trova nel mezzo.
La vostra impronta è sempre riconoscibile in ogni vostro disco, ma devo confessarti che ho un punto debole per quelli “lenti” come Descension e Finsternis. Quando gli Aluk Todolo suonano lenti, esce zolfo dalle casse. Strana sensazione. Perché avete cambiato velocità con Occult Rock e Voix?
Siamo servi della musica, quindi facciamo ciò che la musica richiede. I nostri metodi non sono semplici da razionalizzare, è tutto molto medianico, in un certo senso, e noi abbiamo bisogno di sentire una necessità assoluta, perciò la scelta della velocità non è qualcosa per cui credo noi ci dobbiamo sentire responsabili, e non sono certo che questo davvero conti. Lento o veloce, è comunque sempre lento se lo paragoni alla natura frattale della vibrazione, che è infinita.
Forse vi considerate degli outsider, ma vorrei comunque sapere come vi vedete nel contesto del catalogo di Norma Evangelium Diaboli. Pensi che ci sia un fil rouge tra voi e gli altri artisti dell’etichetta?
Sì, Potremmo definirlo così. Noevdia è decisamente un’etichetta con una sua visione, e noi siamo onorati dall’essere parte di questa visione, specie perché non siamo una black metal band.
Sto leggendo di nuovo le mie domande, oggi. Ieri (qualche settimana fa, ndr) The Wire ha pubblicato un full stream del vostro album sul suo sito. I metallari vi ascoltano, anche perché siete collegati al black metal, ma potete pure contare su di un diverso tipo di pubblico, più interessato all’avant-rock, al kraut e così via… Una cosa simile accade ai Sunn O))). Secondo te perché la vostra musica parla a persone diverse?
Non suoniamo per un’audience specifica, suoniamo per l’anima, quindi intuisco che la nostra musica possa parlare a chiunque abbia un’anima. Di sicuro richiede uno sforzo da parte di chi ascolta, ma questa è la differenza tra intrattenimento e illuminazione.
In quella vecchia intervista di cui ti parlavo, mi hai raccontato che voi non suonate per il pubblico, ma con il pubblico. Il vostro live è ancora un rituale? In tutti questi anni hai notato strane reazioni alla vostra musica ipnotica?
Ricordo uno show a ora tarda in un locale affollato, anche se alla fine sembrava che tutti fossero andati a casa. La verità è che tutti stavano stesi sul pavimento. Ovviamente un live è un rituale, come dico sempre. La musica è il rituale, l’invocazione e la manifestazione, il suono è l’inizio e la fine.
Sarete in tour coi Sum Of R quest’anno. Erano vostri compagni d’etichetta su Utech. Sono un altro dei miei gruppi preferiti dei Duemila. Vorrei sapere la tua opinione su questo progetto.
Sarà grandioso suonare con loro. Nel 2010, a Parigi, in un piccolo Caffè, abbiamo organizzato uno show di RM74 (Reto Mäder dei Sum Of R) ed è stato un gran momento di musica.