Almanacco di domani #8

Entriamo nel vivo di questo nuovo anno abbracciando suoni che giungono da ogni latitudine, selezionando per voi i dischi che credo riescano a comunicare nella maniera più semplice e diretta possibile il mio ideale di musica elettronica.

ALBUM

AMBIENT / DEEP HOUSE / FUSION

ind_fris, Sink In (Scaffolder Recordings)

ind_fris, Sink In (Scaffolder Recordings)

I sensi che ricominciano a svegliarsi con la primavera, suoni che escono dall’oscurità e tornano a donare calore umano: dal Giappone, dopo una prima serie di pubblicazioni stampate solo su cassetta, arriva il primo album in formato vinile di ind_fris. Impossibile sapere di più al momento circa la sua identità, prendiamo quindi per buono quel che esce dai solchi magici di questo disco bellissimo che coniuga in maniera sensata e intelligente tanto l’ambient quanto il jazz e l’house. Un cuore che inizia a battere con pulsazioni angeliche per poi portarci dentro a meandri acid con una bassline soffusa a illuminare a giorno ampi pad che si propagano nell’aria. Un battito house con piano e riverberi vocali che discende integro dalla tradizione nipponica, sfumature jazz che lasciano emergere flauti e chitarre, synth che riversano melense melodie fusion in odor di ‘80, quel senso di inafferrabilità che caratterizza molta della musica ambient proveniente dal Sol Levante, un corpo sonoro elegante che sembra respirare in ognuno di quei momenti nei quali i tempi si dilatano ospitando field recordings o singole note di piano. Un omaggio in chiusura alla scena library beat, con una cocktail song deliziosa che prende il nome di “Blue Moon”, ed è  un sigillo di classe su di un lavoro che tornerete sicuramente ad apprezzare anche in futuro.

AMBIENT

BILLOW OBSERVATORY, III: Chroma/Contour (Azure Vista Records)

BILLOW OBSERVATORY, III: Chroma/Contour (Azure Vista Records)

Jason Kolb, da Lansing, cittadina a nord-ovest di Detroit, chitarrista degli Auburn Lull, band ethereal/post-rock con all’attivo cinque album. Jonas Munk, di Odense, Danimarca, noto ai più col suo alias Manual (uno dei pochi progetti ispirato dai Boards Of Canada in grado di lasciare un segno nella storia musicale) e per le ricorrenti collaborazioni con Ulrich Schnauss. Li troviamo insieme – grazie a chissà quale congiuntura astrale – in questo magistrale progetto ambient che prende il nome di Billow Observatory, lanciato nel 2012 e giunto ora al terzo disco. Un modo di fare musica che ha avuto uno start oscuro attraverso il debutto omonimo, composto da drone provenienti da infinite modulazioni del suono della chitarra, affinato ed effettato al punto di farsi solida materia ambient: qualcosa  di strepitoso, già sulla buona strada per diventare un classico. Nel secondo album (II: Plains/Patterns, 2017) sono stati introdotti elementi diversi, arpeggi più marcati, ripetizioni cicliche e timbri più aperti (nonostante si rimanga in un contesto atmosferico tetro), un insieme di remote influenze krautrock passate al setaccio, oltre che infiltrazioni sperimentali: difficile a credersi, ma è stato un nuovo centro. Chroma/Contour sembra essere la risultante perfetta delle caratteristiche dei suoi due predecessori: mantiene infatti viva un’impostazione melodica eterea dove ogni frammento sonoro è parte integrante di una profonda ricerca atmosferica; un pensiero sbiadito, non ancora messo a fuoco, onde sinuose che lasciano dondolare dolci armonie come quelle di un brano tanto semplice quanto immenso come “Iris”, una manciata di note, un riff soffuso e l’emozione che sale tra le nebbie. È un susseguirsi di calde sensazioni che si fanno largo tra corde appena sfiorate e soffici vapori che si diffondono pacati. Tra le più toccanti melodie che l’ambient ci sta regalando durante questo tempo incerto in cui è fondamentale continuare a sperare.

ACID / ELECTRO

ESPEN T. HANGÅRD, Elementær (Galleberg Forlag)

ESPEN T. HANGÅRD, Elementær (Galleberg Forlag)

Un luminoso raggio di luce norvegese accompagna il secondo album di Espen Tørressen Hangård, da Oslo, musicista parte di diverse band doom metal ora convertito all’electro con questo progetto solista autoprodotto e giunto al secondo album. Sembra letteralmente giocare con le sue macchine, come fosse un diversivo rispetto a più impegnative sessioni rock, ed è proprio questo il mood che si respira ascoltando i brani di questo Elementær, disco che fonde electro e acid in una serie di composizioni melodiche con un solare spirito gioioso. Il funk alla base di tutto, con dinamiche elastiche che creano movimento senza diventare mai groove vero e proprio. La bassline a modulare frequenze acidule che diventano esse stesse melodia e racchiudono ogni brano nella sua bolla che molleggia seguendo traiettorie randomiche. Un piacevolissimo ascolto che sembra in qualche modo avvicinare suoni di paternità anarchica come l’electro e l’acid a più massificate movenze pop. 

IDM / AMBIENT

ATTRAKTTA, Echo Principle (FILM)

Un paio di ep sulla Ai Records con lo pseudonimo Normal: è stato tramite la musica contenuta in quei due dischi che ho conosciuto Steve Hyland, poi il suo percorso è continuato con un nuovo moniker, Attraktta, con il quale ha pubblicato un album per la Touched e ora questo secondo per la tedesca Film, etichetta discografica salita alla ribalta grazie agli exploit di Brainwaltzera. Echo Principle è elettronica pura che spazia tra ambient, electro e techno, miscelando elementi in apparenza distanti tra loro in una serie di brani che rendono invece un output coeso ed originale. L’effetto eco come base di partenza per far volteggiare i synth e creare un suono destabilizzante dove i ritmi scorrono liberi e le varie partiture di sintetizzatori danno vita a una stratificazione ragionata che regala melodie dal sapore futuristico. Un incrocio tra volte sonore pulsanti e pastorali tipicamente UK, linee electro scientifiche e grasse frequenze sintetiche dal sapore retrò, con un grande gusto per gli accostamenti e negli arrangiamenti, dote che gli permette di creare brani molto solidi e destinati a rimanere freschi nel tempo.

TECHNO

AUBREY, Gravitational Lensing (Out Electronic Recordings)

AUBREY, Gravitational Lensing (Out Electronic Recordings)

Aubrey è tornato per riprendersi tutto, tutta l’indifferenza, la mancanza di quell’attenzione che un produttore del suo calibro avrebbe dovuto ricevere e che invece è venuta meno, da parte del pubblico, delle etichette discografiche, di chi organizza eventi e sì, anche della stampa. Nato artisticamente nei primi anni Novanta, classe 1971, è stato scaraventato via, come molti giovani inglesi, prima dall’ondata balearica, poi da quella rave a seguire. Un magnate del groove, quello solido, funzionale e bello, autore di moltissimi di quei singoli ballati mille volte, un artigiano rimasto sotto traccia nel momento in cui le scene techno e house venivano investite dalla macchina della massificazione e del business. Soddisfacente poi apprendere che questo suo terzo album è pubblicato da un’etichetta discografica italiana, la Out-Er di Simone Gatto, che negli anni ha messo fuori artisti del calibro di Orlando Voorn, Terrence Dixon, Dj Spider e Juan Atkins e che con quest’operazione si è assicurata un album techno come non se ne ascoltavano da tempo. Aubrey è bravissimo nell’andar a valorizzare la solidità dei suoi groove con degli arrangiamenti e con un sound design che finalmente li fanno uscire dall’anonimato, caratterizzando ogni singolo brano con un aroma diverso che ha inizio dalle trame speziate di “Floating To Rigel”, un pezzo ambient-jazz fortemente caratterizzato da sonorità mediorientali, per poi spostare il baricentro su di un canovaccio afrofuturista come “Doctor Portia”, diviso tra ritmi ancestrali e ricorrenti mantra vocali. In “Journey To The Blue Planet” ecco che il groove entra nel turbine techno in una girandola di drum machine e laser spettrali, mentre in “Saros Cycle” la pressione si fa intensa e bassi plastici sostengono a meraviglia una stesura ipnotica da giocare nel centro della notte. “Gravitational Lensing” si specchia in un arpeggio cristallino mentre voci soffuse e umori sommessi creano un contrasto avvincente all’interno di un brano ambient-techno che è già nel futuro. “Elara Passing” è un classico tool techno di quelli ai quali siamo stati abituati dall’uomo, synth a tutta velocità e cassa a scandire il tempo di un locked groove perfetto. “UDFJ-39546284” torna nel futuro con un viaggio space-techno dalle venature jazz, con pause e ripartenze di grande efficacia. “Binary Jazz” è un felino notturno che graffia con sferzate jazz e punge con ritmi affilatissimi, un brano che ricorda la grandissima realizzazione di Akufen con il suo pseudonimo Horror Inc: “Dans La Nuit”. La decompressione finale è affidata a due grandi pezzi di ambient viva e pulsante come “Lost In Tucana” e specialmente “EXO 0706, 1 + 5913”, che rappresentano il perfetto approdo di un album visionario, intelligente e ricco di sfumature nelle quali perdersi con la mente.

AMBIENT / TECHNO

LOST EPCOT, Aslant Sand (Appian)

Nuovo progetto creato dal veterano techno Eduardo della Calle insieme ad Orbe, entrambi spagnoli, entrambi appassionati del suono techno atmosferico. Con lo pseudonimo Lost Epcot esordiscono direttamente con un album su Appian Sounds, etichetta irlandese con una buona tradizione techno e deep techno. Dodici brani distribuiti su due vinili per un suono ambient-techno che mira (e riesce perfettamente) a essere sofisticato e ricco di dettagli. Un percorso costruito su una base ambient composta da morbidi tappeti sonori sui quali vengono intessute trame molto dettagliate che fanno uso di ritmiche spezzate in pieno stile drum’n’bass, microsuoni ereditati dalla glitch-era, voluminosi anfratti dark-ambient e synth raffinati che emanano sonorità vitree. Le atmosfere create potrebbero far da sfondo ad un noir ambientato in una galassia ancora da scoprire, fra trasognati momenti di contemplazione e profonde ispezioni ritmiche. La techno come mezzo per poter veicolare musica ad alta definizione concepita per immaginare ambienti non convenzionali, ascoltando un flusso di input pieni di calore. Attualmente previsto solo in versione vinilica, avrebbe bisogno di un corrispettivo in cd.

ELECTRO

PLANT43, Three Dimensions (Central Processing Unit)

Sesto album per Emile Facey. in arte Plant43, veterano inglese con alle spalle numerose pubblicazioni con etichette come la Ai Records, Semantica, Shipwrec, AC Records, Frustrated Funk e altre ancora, un integralista del suono electro che basa le sue composizioni ogni volta su setup differenti che ne caratterizzano la cifra espresiva. Dopo aver esplorato in lungo e in largo le gamme sonore, dalle più eteree alle più acide, trova adesso una nuova dimensione sulla quale cimentarsi per questo Three Dimensions, edito dalla iper-prolifica Central Processing Unit. Il disco inizia dagli arpeggi atmosferici di “Neon Vista” per poi calarsi nella melodia ancora più stringente della title-track, che mantiene un apparato ritmico raffinato e poco invasivo per favorire l’evolversi di una patch ciclica dal suono cristallino. “Lo-res Dreams” è un angoscioso frammento dove una composizione di organo conduce il gioco, “Disrupt & Disobey” guarda al futuro con malinconia costruendo ambientazioni dal sapore tecnologico, “Mono Sky Monolith” è un antro claustrofobico all’interno del quale gli accordi si ripetono fino allo stremo per poi riaprirsi nelle note più classiche di “Orange Neon Display” e “Check The Resolution” con le loro arie cosmiche ed i loro pad aerei. “Exoplanet Transmission” torna ad esibire un arpeggio celestiale che sembra influenzato dalla musica di Jo Johnson, compagna nella vita di Plant43, una chiusura in chiave ambient che mette il sigillo a questo nuovo messaggio musicale che offre prospettive ottimistiche.

ELECTRO

JEREMIAH R., Far Away From Everything (Voodoo Gold)

Diventa sempre più ricca ed affascinante la discografia di Jeremiah R., produttore del quale non si hanno molte informazioni, ma che da sette anni a questa parte ha realizzato un sostanzioso bagaglio di suoni emanati attraverso molteplici pseudonimi, a coprire un range che va dall’electro alla deep house. Oggi con il suo moniker più conosciuto ci presenta questo sesto album per la Voodoo Gold, etichetta che pensiamo essere gestita in autonomia dallo stesso, ma con distribuzione della Clone. Otto brani capaci di condurre l’ascoltatore dentro un turbinio di sonorità electro con una lieve eco vintage nella scelta delle tonalità, un sentimento rilassato nelle dinamiche, anche ritmiche, che non cercano mai un affondo devastante, bensì puntano a dar vita ad atmosfere maggiormente tendenti all’ambient. Le batterie elettroniche sono comunque presenti in tutti i brani e hanno una funzione più strutturale che groovistica, un’impalcatura che sorregge i mondi sonori creati seguendo visioni cosmiche con ampi risvolti romantici. Musica per sognatori incalliti che non si tirano indietro di fronte alle emozioni, nonché starter di riflessioni utopiche che proiettano l’immaginazione verso il domani.

ELECTRO / SOUNDTRACK

DRESSEL AMOROSI, Deathmetha (Giallo Disco)
HEINRICH DRESSEL, Lost In The Woodland (Bordello A Parigi)

DRESSEL AMOROSI, Deathmetha (Giallo Disco)

Valerio Lombardozzi continua le sue esplorazioni sonore con lo pseudonimo Heinrich Dressel, mettendo a punto due nuovi album rispettivamente per la Giallo Disco e per Bordello A Parigi. Nel primo si avvale della collaborazione di un amico di vecchia data, Federico Amorosi, tra le altre cose bassista per una delle formazioni dei Goblin di Simonetti. Ne esce fuori un lavoro intenso, con sinfonie romantiche a cavallo tra electro e new wave intitolato Deathmetha, dove le corde perforanti del basso flirtano con ripetizioni ipnotiche di piano nella progressiva “Asylum Coronae”, per poi rivelare un amore mai troppo celato per le soundtrack horror nella successiva “Black Lake O.D.”. Segue la title-track, con la sua andatura da Concorde tra batteria elettronica ben scandita e una favolosa melodia che ne tiene il passo. “Kasili 67030” è electrofunk dal sapore gotico, con una linea di basso che scava in profondità per poi lasciare spazio all’evoluzione aerea di “Naked Body Found In Campitelly”, esempio magistrale di electro-techno-funk racchiusa in un mondo chiamato Dressel. “Tema Di Monika” è una ballata romantica per piano e tappeti ambientali, “Thassete” rimane in quel mood romantico aggiungendoci un solo di basso e la batteria, mentre “Zombiscurry” è uno strano oggetto musicale maneggiato con creatività da qualche giocoliere un po’ mago e un po’ illusionista.

Lost In The Woodland ha un registro più personale, con una stesura che va incontro a una sonorizzazione ambientale ricca di atmosfere concrete e dal forte potere evocativo. Partendo da setup costituiti da vecchie e strambe macchine analogiche, Dressel compone musica stratificata che sin dall’apertura trova espressione di magnifiche doti compositive: nel brano che dà il titolo al lavoro infatti trovano le note metalliche di un piano, elementi vocali ben celati, il suono dell’organo e un imponente riverbero acidulo che accompagna il tutto. “Beech Tales (part 1 and 2)” è un chiaro omaggio alla musica di Badalamenti, con quelle note che sin da subito rimandato al main theme di Twin Peaks per poi rivelare un approccio melodico in grado di proiettarci immediatamente tra quei maledetti e suggestivi boschi. “S.A.E.P. Research Institute” è ancora un grande brano ambient che si apre man mano attraverso docili note per poi dar spazio ad atmosfere più aperte ed accompagnandosi al ritmo che ne scandisce nuovi e trascinanti tempi. “Brutal Drama” è esattamente ciò che il titolo intende comunicare, drum machine arrabbiata e organo a gravare con le sue note. “Red Maple” una ballad ‘80 strumentale con cuore pop e circuiteria electro, cui fa seguito “Sown”, che riprendendo lo stesso messaggio vira la melodia verso soluzioni meno ortodosse. La conclusiva “Bryopsida (The Way Out)” si concede divagazioni fusion – new age, mantenendo tutte le caratteristiche compositive e sonore del musicista romano. Musica che andrebbe portata in teatri, festival e club in una dimensione live che potrebbe soltanto esaltarne le qualità.

SINGOLI

HOUSE

LEEON, I’ll Be There (Seventh Sign Recordings)

Produttore ed etichetta entrambi di Glasgow, dentro la casa con 3 siluri ad alta intensità emotiva. Si inizia con la title-track, che sfoggia un armamentario house classic con vocal a scandire il ritornello immerso in un avvolgente groove vellutato. Altra storia per “Maiden Journey”, che accelera su un impianto più propriamente europeo con organo a puntare il cielo mentre la drum machine furoreggia dal basso. Riprende la via classica “That Generous Friend”, scaldando i cuori con un piano dal sapore italo-house su cui poggiano accordi carichi di passione.

HOUSE / AMBIENT

TOMI CHAIR, TOMINORI HOSOYA, Tropical Imagination (Scissor And Thread)

TOMI CHAIR, TOMINORI HOSOYA, Tropical Imagination (Scissor And Thread)

Split ep tutto giapponese, questo tra Tomi Chair e Tominori Hosoya, alfieri di un sound deep house pacifico e ambientale, lunghi corridoi dove elementi percussivi e pad fanno da base a impianti carichi di pathos, come negli oltre sei minuti del brano d’apertura, “Tropical Imagination”, scritto da Chair, poi virato ambient togliendo i beat sul secondo pezzo. Ancora ambient meditativa in “Heat Exhaustion”, scritto questa volta da entrambi i produttori e abilmente ripreso dal titano Francis Harris, che ne realizza un magico remix downtempo con batteria elettronica a ruota libera e synth gommosi in rifinitura. Hosoya centra invece un incredibile brano tribal-ambient (“We Are Here”), che ha i profumi delle foreste pluviali e la classe dei grandi narratori ambient.

HOUSE

FRANCIS HARRIS, HAMATSUKI, Archive Fever (Horooms)

Prima uscita per questa sublabel di Bassiani, etichetta discografica e club in quel di Tblisi, in Georgia. Dodici pollici affidato alle sapienti mani di Harris, che divide il vinile col padrone di casa Hamatsuki. Harris gioca sporco con un brano house nebuloso e oscuro che mette in evidenza una base dub sovrastata da una partitura ritmica scarna e da un inserto vocale tenebroso. Sullo stesso lato il brano viene remixato da Adamo Golàn, che centrifuga tutto in un condensato ambient-techno dai toni minimali molto intriganti. B-side con un canovaccio deep house molto classico e pieno di calore (“Kandzaia”), poi un grande affondo ambient-breakbeat (“Picnic Attack”) con un piano jazz ad effetto.

FOLK / TECHNO

UMEKO ANDO, Battaki (Field Of Mouth Records)

Nuova serie di vinili denominata Volkuta e pubblicata dalla giapponese Field Of Mounth Records,:sul primo lato un brano folk creato dalla performer e cantante Umeko Ando (discendente dalla tribù indigena Ainu), molto conosciuta anche per essere una suonatrice di Mukkuri (primitivo strumento in bambù con un suono simile ad un’arpa), deceduta nel 2004. Negli ultimi anni sono diversi i suoi brani ripubblicati in vinile con altrettanti remix al seguito. In questo caso troviamo Joe Claussell a ereditarne il mood per tramutarlo in quindici minuti di evoluzione jazz-cosmic-techno-folk in un immaginario mondo creato attraverso il suono di campanelli, percussioni, field recordings, piano elettrico e mukkuri, una di quelle superbe costruzioni che buttano giù pareti per donare uno sguardo ampissimo sul mondo.

AMBIENT / HOUSE

FRANCIS HARRIS, Trivial Occupations Remixes (Scissor And Thread)

Qui ci sono due brani estratti (e remixati) dall’ultimo album dell’uomo. Inizia il Mago Claussell su Minor Forms con i quindici minuti abbondanti della sua “Joaquin Joe Claussell’s Cosmic Arts Version”: piano, sax e batteria a infondere stilemi jazz-house su un canovaccio ambientale al solito colmo di dettagli; dopo la prima metà tutto prende un’influenza fusion elettrificata che vola dritta fino alla fine. Il secondo brano “St. Catherine And The Calm” è preso in consegna – sotto pseusonimo LNS – da Nadia Sparrow, che mette in scena un’altra grande interpretazione in un connubio ambient-fusion-new age molto intenso e creativo, con il suono del violino a trainare una melodia costellata da metallici punti di luce.

TECHNO / HOUSE

ARIL BRIKHA, Pattern Recognition (Mule Musiq)

Il ritorno dello svedese Brikha, produttore mai del tutto costante che in passato ebbe i suoi momenti di gloria con il monumentale brano “Groove La Chord” e più in generale con l’album Deeparture In Time, pubblicato dalla Transmat. Qui con tre intriganti cut per la giapponese Mule che rispecchiano fedelmente quel suo modo di tagliare ottimi groove techno-house, puntando su dinamiche molto tese e muscolari. Lato A interamente occupato dalla title-track, un viaggio ipnotico caratterizzato da un trascinante apparato ritmico, cavalcato da un pad dai toni dark e arricchito da grappoli di suoni ruvidi. “Policy Of Youth” ha un tiro funk pazzesco, con il ritmo ad accendere il fuoco mentre intorno si susseguono input vocali appena sussurrati e accordi profondi e inebrianti. “In The Night” omaggia ancora una volta Detroit con un groove house molto minimale e ben equilibrato. Se fosse il preambolo a un nuovo album, ci farebbe trepidare nell’attesa.

ACID

MIKE DRED, Macrocosm II (Machine Codes)

Mike Dred da seguito al suo ep Macrocosm pubblicato nel 1994 dalla R&S con un secondo devastante capitolo diviso in quattro perforanti brani acid dove il suono della Roland TB303 viene spinto nei territori più disparati, da tagli techno micidiali e graffianti ad urticanti virate wave e persino trance, il tutto con la proverbiale sfrontatezza tipica del musicista britannico.

 

TECHNO 

RUSS GABRIEL, The Controller (Firescope)

The Controller

Nuovo ep per Russ Gabriel, altro guerriero techno proveniente dai ‘90 e autore di un album, Voltage Control, che rimane una delle perle nascoste di quel mirabolante decennio. Arriva sulla Firescope di Steven “B12” Rutter con 4 brani magnetici che rinnovano un bagaglio sonoro già di per sé ricchissimo con dinamiche che vanno dal minimalismo ipnotico della traccia d’apertura “Controller” al groove breakato di “Drimmits”, con le sue infusioni di piano sbilenco, e al techno-funk lunare di “The Way To Go”, per chiudere sulla spinta propulsiva di “Nova Deep”, un profondo tunnel deep techno cosparso da input vocali filtrati e laccato d’acido.

  

ACCADE CHE

The Connection Machine

La texana Down Low Music a distanza di 15 anni decide di imprimere per la prima volta su vinile uno degli album più importanti per la techno europea: Painless dei The Connection Machine, la cui prima stampa, datata 2004, fu pubblicata esclusivamente in cd.

  

RIPESCAGGI

TECHNO / DRUM’N’BASS 

SEAN DEASON, Visionary (Matrix, 1996)

Detroit quando incrociò il futuro per la terza volta, perché proprio come “third wave” venirono etichettati artisti come Sean Deason che nel ‘96 faceva convergere techno e drum’n’bass in un big bang che illuminava lo spazio e andava a introdurre nuove traiettorie per la musica del futuro. Provate ad entrare nell’ottica, tornate indietro di 23 anni ed attiva e i ricettori: sono proprio immagini dal futuro quelle che state ricevendo.