Almanacco di domani #5
Un mese che vede arrivare alcuni dischi importanti e attesi. Un grande ritorno e alcune sorprese trovate scavando a fondo e ascoltando con la solita libertà di chi la musica se la va a cercare. Buona lettura.
ALBUM
EXPERIMENTAL
DBRIDGE, A Love I Can’t Explain (Exit Records)
Questo non è un album per puristi della drum and bass, chiariamo subito il concetto onde evitare che qualcuno rimanga deluso. Darren White, comunque, è proprio da lì che proviene: si tratta di un produttore britannico attivo dalla metà degli anni ‘90, personaggio schivo, mai sovraesposto, sempre concreto e diretto. Dopo i primi anni di militanza fonda la sua etichetta discografica, la Exit Records, con la quale stampa un’infinità di singoli drum and bass, jungle, dubstep, e anche dischi più sperimentali. A livello personale pubblica il primo album nel 2001, The Gemini Principle, seguito poi da uno split con Kabuki nel 2017 e ora da questo nuovo A Love I Can’t Explain, in triplo vinile: un lavoro che opera lontano dal dancefloor e si concentra sulla creazione di atmosfere hi-tech in grado di farci conoscere in maniera più intima White e soprattutto di farcelo assaporare in una veste diversa e più fantasiosa del solito. I canoni stilistici sono quelli ereditati dalla dub, e quindi alla base dell’universo drum and bass, ma il grosso del disco non è incentrato sulla programmazione ritmica, bensì sul sound design. dBridge fa utilizzo di tutti quegli elementi sonori impiegati nella rifinitura di brani fondamentalmente ritmici per costruirci ambientazioni dark che fanno pensare ai costrutti di Robert Henke se si relaziona l’output che riescono a ottenere i pezzi. Il ritmo è presente ma scarno, minimale, quasi mai funzionale al dancefloor, se non in “Monitored Meanings”, una sorta di house music rallentata con i pad dell’ambient e un arpeggio nelle retrovie a ricamare un suggestivo fraseggio. Sul finale due featuring con Kid Drama e Alia Fresco (bellissimo il primo) aggiungono quel tocco soul che completa una narrazione moderna di grandissimo valore. Unica nota negativa è quella del prezzo: dalle informazioni in mio possesso servono quaranta euro per assicurarsi una copia di A Love I Can’t Explain.
EXPERIMENTAL
RICHARD DEVINE, Sort/Lave (Timesig)
Aspettavamo Richard Devine da sei lunghi anni, dopo che nel 2012 aveva pubblicato per Detroit Underground il bellissimo Risp, passato inosservato ai più. Chi segue Devine ha ben chiara la portata del suo lavoro, mentre a chi lo stesse approcciando ora sarà utile sapere che l’americano, dopo aver esordito con un album di techno minimale per la Tape (piccola etichetta discografica del Minnesota), si è gettato a capofitto nella musica hardcore e nella sperimentazione, realizzando due dischi per la Schematic e un altro, meno conosciuto, per la Sublight Records del designer Aaron Rintoul. Parallelamente all’attività produttiva si è specializzato in sound design, finché quest’ultima non è diventata la sua occupazione principale. I suoi studi e la continua tendenza a sperimentare hanno fatto sì che oggi sia uno dei maggiori esperti di sistemi modulari, al punto che l’intero processo produttivo di questo mastodontico Sort/Lave – in uscita per la Timesig di Venetian Snares – è stato realizzato con un sistema autocostruito e messo a punto negli ultimi cinque anni.
Nonostante i processi tecnici siano distanti da quelli degli Autechre, chi è stato sedotto dalle NTS Sessions troverà interessantissimo – ne sono convinto – Sort/Lave, che si presenta come un grande pallottoliere nel quale sono stati inseriti tutti i timbri e i toni più acerbi, angusti, astratti, strambi e alieni che possiate immaginare, un insieme di ingredienti in continua mutazione che genera forme di volta in volta diverse, ora dai contorni morbidi, ora dagli spigoli aguzzi, ora totalmente liquide. Un centrifugato di estetica techno, electro, drum and bass, jungle e ambient sintetizzato e reso materia nuova. Un disco che non vi chiede altro se non di lasciarvi andare alla valanga di impulsi che trovano l’unica logica nel potere evocativo della musica. Bisogna constatare che, rispetto agli album prodotti durante i primi anni dei 2000, sia il precedente Risp che questo Sort/Lave hanno una capacità comunicativa più sviluppata, quel tot di concretezza a livello strutturale e melodico che di solito caratterizza produttori navigati e che per forza di cose risulta distante dalla furia cieca dei loro esordi. Qui c’è balsamo per le vostre orecchie, una cascata cristallina di suoni che popoleranno, attivandole, tutte le cellule del vostro cervello.
EXPERIMENTAL / TECHNO / NEW AGE
OBJEKT, Cocoon Crush (Pan)
TJ Hertz, in arte Objekt, è sulla giusta strada per poter esser considerato uno degli artisti di ultima generazione più concreti e allo stesso tempo visionari. La sua personale interpretazione della musica techno ha posto le basi per quello che possiamo definire un “next step” del suono proveniente dalla Motor City. I suoi primi ep sono datati 2011, quando sulla sua omonima etichetta personale esordiva con un mix creativo e futuristico di bass music, techno e jungle: una commistione di suoni e ritmi che ha sviluppato nel tempo, trasformandola in un amalgama sempre più fluido e coerente che ha contribuito a definire una nuova corrente musicale, fondamentalmente techno, ma dalle chiare connotazioni UK, dove break, bassi e sonorità sperimentali convergono alla ricerca di un groove funzionale tanto al dancefloor quanto all’ascolto casalingo. Nel 2014, dopo una decina di ep, un’etichetta se vogliamo distante da quel suono, ma sempre attentissima a nuove emanazioni e a contaminazioni innovative, la tedesca Pan di Bill Kouligas, ha pubblicato il suo primo full length, Flatland. È stato per Objekt un modo di tirare le somme, ma anche di far compiere un ulteriore passo in avanti alla sua musica, introducendo in maniera esemplare elementi electro che hanno dato una spinta propulsiva alla componente groove in una chiave funk avveniristica. A Flatland è seguito un periodo di silenzio di circa tre anni, durante i quali l’artista si è dedicato a raccogliere i frutti della sua musica tramite live e dj set in giro per il mondo, un tempo che gli ha permesso di mettere a punto una serie di nuovi brani raccolti in un unico contenitore che prende il titolo di Cocoon Crush, sempre messo in circolazione da Pan.
Cocoon Crush sposta di nuovo le coordinate musicali in territori differenti, stavolta con un make up vicino a certa ambient-new age giapponese degli anni Ottanta, un genere riemerso proprio in questi ultimi anni grazie a una serie di memorabili ristampe di dischi rarissimi. Sono quindi dei suoni di matrice orientale a caratterizzare alcuni brani, come l’iniziale “Lost And Found” e la seconda “Dazzled Anew”, opportunamente assimilati e inseriti in un sound design minimale ma ricco di tonalità. Qui il ritmo diventa forma, definisce gli spazi e accentua i silenzi, i groove sono decostruiti, quasi annullati, resi elementi puramente percussivi e parte di un ampio e ben articolato collage sonoro. Una serie di brani molto personali che sintetizzano un lavoro ambient ad alto tasso di tecnologia, con un parco sonoro “weird” che si è nutrito tanto di techno, quanto di vecchi dischi di musica concreta e ancora dell’essenza ritmica della drum and bass e delle geometrie dell’electro più sperimentale.
Uno sguardo aperto al futuro.
IDM / ELECTRO / AMBIENT
SKUA ATLANTIC, Atlantic Fusion (Databloem)
Altro esempio di ammirevole costanza quello della Databloem, etichetta olandese fondata da Dennis Knopper nei primi anni del secondo millennio e dedicata a cd ricchi di materia musicale elettronica, con particolare attenzione a tematiche ambient, electro, glitch, idm e così via. Un esempio di longevità solidificato ulteriormente da questa che è la pubblicazione numero 78, un album realizzato da Árni Grétar e Michael Gainford. Il primo, meglio conosciuto come Futuregrapher, mentre il secondo una vera istituzione del suono ambient e Berlin-School col suo pseudonimo Mick Chillage, dietro al quale continua a deliziarci con una serie infinita di album a cui è difficile star dietro. L’incontro tra due gusti così affinati ha dato vita a un disco bellissimo come questo Atlantic Fusion: otto brani, tutti molto lunghi, durante i quali veniamo immersi in una vera e propria oasi sonora che immagazzina stili, influenze e soluzioni eterogenee e incredibilmente comunicative. I quasi quattordici minuti dell’iniziale “City Lights” chiudono il cerchio intorno al perfetto amalgama tra le caratteristiche dei due produttori, un brano che conserva tanto i sognanti mood ambient di Gainford quanto la sapienza nel costruire groove techno-soul di Grétar, una fusione appunto, un connubio musicale profondo e ispirato che prosegue con l’ambient cibernetica di “Machine Blues” per poi sorvolare lidi Berlin-School con la suggestiva “Eldfjall” e ancora sulle accentuate melodie di “Kexland”. La title-track, dal canto suo, è una stesura di 15 minuti durante i quali pad ambient duettano con l’electro innescando un fluido di pregevole qualità. Il finale è un crescendo ritmico che alza il tiro fino alle increspature acide di “Metro West [Acid City]” per poi defluire tra le delicate note di “Farewell Frankfurt”. Non lasciatevelo sfuggire.
TECHNO
REDSHAPE, A Sole Game (Monkeytown)
Sebastian Kramer, in arte Redshape, è stato uno dei nomi di spicco del suono techno europeo. Le sue produzioni prendevano le distanze dagli strascichi del carrozzone minimal, imponendosi per solidità e la veracità dei groove e per la qualità delle melodie proposte. Dopo una serie di singoli pubblicati per etichette come Delsin, Styrax Leave, Present e la storica Music Man, il musicista diede vita al suo album di debutto, The Dance Paradox, un doppio vinile che marchiò con il fuoco il 2009 e che ancora oggi, dopo circa dieci anni, rimane un ascolto trascinante e persuasivo. L’album conteneva un brano travolgente come “Bound (Part 1 & 2)”, strasuonato da tutti i grandi dj techno. Ad esso seguì un’importante attività live e una meno fortunata serie di ep nei quali Redshape sembrava aver perso tanto l’aggressività quanto lo sguardo futuristico con il quale aveva sedotto i numerosi fan.
Arriva oggi il suo secondo album, A Sole Game, disco del quale si fa carico la Monkeytown Records dei Modeselektor, e al primo ascolto è già illuminante sulla ritrovata verve del musicista tedesco. Pochi fronzoli: il disco affonda subito i bassi nel suono techno originario con la maestosa “The Devils” che suona come dovrebbe suonare un disco di Green Velvet nel 2018. La successiva “Spark” è ancora più diretta: una linea di basso e un synth che spingono in profondità il ritmo facendoci riscoprire il gusto di un assetto minimale ben calibrato. È come se Kramer avesse ritrovato la sua vena pungente spogliandosi di ogni eccesso per concentrarsi sul Dio groove con semplicità e naturalezza. Non mancano momenti cinematici come in “Day Out” o “Radio Drama”, frangenti nei quali riemerge una certa cura nell’arrangiamento, oppure una vera hit da dancefloor come la furibonda “Pursuit”, forte di un accordo “funk” che penetra nelle viscere dell’anima. Redshape è di nuovo qui con una genuina miscela di puro suono techno pronta a rimanere intatta negli anni come il suo predecessore.
AMBIENT / IDM
JOEL TAMMIK, Imaginary Rivers (… TXT)
L’estone Joel Tammik è un veterano delle nuove frontiere ambient, come del resto Lee (Metamatics) Norris, tra i fondatori della TXT Recordings, etichetta inglese specializzata in materiale ambient e sperimentale, altro nucleo dentro il quale si sta scrivendo la nuova storia di questi generi. Ogni uscita è un intero mondo da scoprire: se siete amanti dei viaggi, quindi, non potete non passare di qui. Un organo elettrico vi guiderà lungo questi corsi d’acqua immaginari, attraverso vallate e foreste, con una calma fatta di mille suoni e rumori. È sorprendente, infatti, come Tammik riesca a infondere un determinato mood ai propri brani servendosi dei sintetizzatori, utilizzandoli per ricreare timbriche naturali, sintetici versi animali e avvolgenti manti elettronici. In questo lavoro la natura è il focus principale e l’elemento terra è richiamato grazie all’utilizzo delle percussioni che legano i loro battiti a visioni più propriamente fotografiche. È come se il mondo virtuale incontrasse quello reale ed i due si fondessero in un limbo sospeso nel quale entrambe le caratteristiche riescono a convivere. È un flusso sonoro da ascoltare tutto d’un fiato, lasciando la mente libera di vivere tutti gli spazi e tutte le visioni che man mano vanno creandosi, godendo di composizioni rigogliose nelle quali il produttore non si risparmia, scegliendo con cura gli ingredienti per eseguire un percorso che parte dall’ambient e arriva su lidi deep techno soffusi senza mostrare alcuna sbavatura.
IDM / AMBIENT / HOUSE
C418, Excursions (Driftless Recordings)
Il talento Daniel Rosenfeld, classe 1989, ci presenta un nuovo album scritto con il suo pseudonimo C418, moniker con il quale ha già pubblicato una serie consistente di album, sia in formato digitale, sia in cd o vinile. I più lo avevano conosciuto in occasione della pubblicazione di Minecraft – Volume Alpha, prima pubblicato in forma digitale sulla sua etichetta, poi fortemente voluto dalla Ghostly International, che ne ha stampato una versione su cd e altre in vinile di differente colore. Il suo è un approccio all’elettronica per così dire gentile, la sua musica cammina su un filo sospeso tra ambient e house calibrando bene i toni e prediligendo armonie soffici e coese. Questo nuovo album, Excursions, non fa eccezione, e se vogliamo è molto più solido dei precedenti. A emergere è una cura profonda dei dettagli, delle rifiniture dei brani, mai banali, costruiti unendo composizioni di piano a suoni sintetici e field recordings, alternando momenti di quiete ad altri dove il ritmo ti cattura e diventa ipnotico fino all’eccesso. Essendo un disco con una durata molto lunga, non mancano momenti meno interessanti, soprattutto quando eccede in tonalità broken non del tutto affilate a dovere, anche se rimane comunque un ottimo ascolto capace di farvi astrarre dalla realtà e regalarvi alcuni momenti in cui la melodia suscita emozioni fortissime.
AMBIENT
EXAEL, Collex (West Mineral Ltd.)
Comincia ad assumere contorni molto interessanti il cammino della West Mineral Ltd., etichetta discografica fondata a Huerco S. e giunta adesso alla quarta uscita con l’album dello sconosciuto Exael. Nei primi tre dischi pubblicati è stato chiaro fin da subito l’intento di unire una nuova estetica ambient – concedetemi il termine – “hi-tech” ad alcune memorie provenienti dai Novanta, periodo durante il quale abbiamo assistito al proliferare di sperimentazione legata appunto a discorsi prettamente ambientali. Un connubio che sta andando a definire l’estetica dell’etichetta, ponendola come una delle realtà più interessanti in ambito elettronico “d’ascolto”. In questo Collex troviamo un insieme di suoni pressurizzati che vengono assemblati creando una stratificazione densa in cui tutto suona ovattato, tappeti sonori astratti che volteggiano incrociandosi e creando stravaganti parabole che caratterizzano la prima metà dell’album, un suono inafferrabile che richiede apertura mentale per poter esser catturato nella sua essenza. Nel corso della seconda parte si sale d’intensità con le batterie elettroniche che fanno la loro apparizione, punteggiando le melodie che tornano a essere più concrete e definite, e prodigandosi in degli assoli drum and bass o in delle improvvise sospensioni che fanno da preambolo a importanti variazioni tonali. La scelta delle sonorità verte su declinazioni irreali dai timbri non sempre identificabili, che donano all’intero disco uno scintillante smalto di modernità.
EXPERIMENTAL / PROTO HOUSE / PUNK
MUTANT BEAT DANCE, S/t (Rush Hour Music)
Melvin Oliphant, Beau Wanzer e Jason Letkiewicz in assetto da guerra per questo che è il primo album del progetto Mutant Beat Dance, del quale in passato ho amato – per via della sua incredibile forza espressiva – il singolo “Mutated Moods”. Va fatta una premessa: Melvin Oliphant, meglio noto come Traxx, è uno dei dj più viscerali che potrà mai capitarvi di ascoltare, i suoi set sono un concentrato di musiche “deviate” e musiche “altre” scovate in un passato oscuro e non propriamente ortodosso, dal quale riesce a estrapolare le frequenze più acide e distorte, siano esse house, acid, disco, techno, new beat, new wave, industrial, rock o punk. Traxx in questo è un padreterno e quella che predica è una moderna sottocultura radicata sulla ricerca del groove più dannato. Mutant Beat Dance, visto in questi termini, è un progetto che rispecchia in pieno il suo credo ed è il corrispettivo, messo per iscritto, del concentrato sonoro dei suoi set. Non va comunque dimenticato che del gruppo fanno parte anche quel losco figuro di Beau Wanzer, produttore arcigno ed esperto di sonorità industriali, e ancora Jason Letkiewicz, che ricorderete nelle vesti di Steve Summers a dispensare groove per L.I.E.S., Clone, HotMix e altre etichette ancora. Un album imponente, pubblicato sia come doppio cd, sia come quadruplo vinile, un disco capace di proiettarvi in un club tormentato, tetro, sudicio nel bel mezzo degli anni Ottanta, legandosi anima e corpo a quelle pareti impregnate da vibrazioni anguste. Tutto quel che di dark è legato alla musica da club è concentrato in questi venticinque brani che distillano house e techno primordiali, dark ambient, wave, ebm e new beat in una serie di strazianti atti scenici dove l’anima si fa materia e fuoriesce letteralmente dal corpo per lanciare il suo urlo. Senza passione non riuscirete ad entrarci: più che un disco, un vero manifesto.
AMBIENT
AA.VV., Full Circle (A Strangely Isolated Place)
Una raccolta che vuole tirare le somme dei primi dieci anni di vita di A Strangely Isolated Place, blog ed etichetta discografica che per scelte musicali difficilmente avremmo ubicato in quel di Los Angeles. Va da sé che invece la musica come al solito arriva per smentire ogni preconcetto, e questo piccolo nucleo ambient, analizzato oggi, è quello che possiamo definire un rifugio sicuro. I loro articoli sul blog, le recensioni, le interviste, i podcast, tutti i dischi pubblicati, a partire dalle prime compilation “Uncharted Place” e “Europe”, fino ad arrivare agli album di Arovane, Irisarri o Christian Kleine… un grande lavoro di ricerca che li ha ripagati con il calore del loro pubblico che continua a seguirli e ad acquistare qualsiasi cosa facciano. Dieci anni di dischi senza tempo, senza scadenza, che potrete tornare ad ascoltare per i prossimi venti traendone sempre conforto: è una delle grandi doti dell’ambient. Ed ecco che in questo triplo vinile in edizione limitata troviamo tutti i riferimenti che hanno plasmato un decennio musicale raffinato, musicisti come Altus, Ourson, Horizon Fire, Freescha… o i più noti Anders Ilar, bvdub ed Ulrich Schnauss, che confezionano diciassette perle ambient atmosferiche per un viaggio a tutto tondo dove la memoria e il desiderio di scoperta viaggiano di pari passo. Un brano su tutti: “Billions And Billions” di Stellardrome. Buon compleanno!
AMBIENT
BYGGESET ORCHESTRA, Meanwhile (Self Released)
Interessantissima band tedesca che, autoproducendosi, continua a sperimentare una personale soluzione tra jazz ed ambient, unendo quindi due mondi come quello acustico e quello elettronico in brani di lunga durata che prendono in prestito alcune dinamiche del suono progressivo e kraut, ma che rimangono in buona sostanza ancorati al jazz. Un quartetto molto versatile ed intercambiabile, dove ognuno ha padronanza tanto della materia strumentale classica quanto di quella elettronica, quindi dell’utilizzo di sintetizzatori o loop machine. Il primo episodio dura 19 minuti ed è un’escursione ambient che presenta splendidi risvolti balearici quando a entrare in gioco è il suono della tromba, mentre il ritmo è una sorta di loop in stile Göttsching man mano rafforzato da percussioni e poi, sul finale, da una chitarra che esce allo scoperto accompagnata da altri synth. “Pluto”, secondo in scaletta, è ambient in senso più classico, con pad che si susseguono creando una melodia plumbea ed emozionante. I successivi dieci minuti di “Reverse” tornano a sondare le possibilità dei loop con il suono della chitarra che viene fatto rotolare su delle pulsazioni di basso. “Arvika” è un grande momento di elettronica acida che ricorda alcune produzioni su Sky Records dal sapore cosmico. “Cluster” un magico viaggio ambient con la tromba a scandire il suo discorso, mentre in sottofondo rullante e hi hat movimentano le fondamenta. “Wetschewell” un veloce pugno di techno progressiva infusa di suono jazz e distesa su tredici lunghi minuti. “Emilia” una degna chiusura chill out con tromba e piano elettrico a smorzare pian piano gli ardori. Attenzione, perché la versione in vinile contiene solo tre brani, mentre su cd trovate tutto. Una grande scoperta.
SINGOLI
DOWNTEMPO – AMBIENT
ROTLA, Waves (Edizioni Mondo)
Prosegue a gonfie vele la bella storia della Edizioni Mondo, etichetta messa in piedi dalla Running Back e gestita da Francesco De Bellis, meglio conosciuto come Francisco, uno dei dj e produttori italiani più devoti alla causa disco/libraries e affini. Un suono che ha molto a che fare con la memoria, con la rievocazione di spensierate atmosfere marittime vissute a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, con un occhio particolare agli arrangiamenti, alla produzione e alle melodie. Siamo ora al nono capitolo di quest’avventura, che ci ha già regalato episodi che vi consiglio di andare a recuperare, composti da un nucleo ben definito di produttori-amici.
È realizzato da ROTLA (pseudonimo dietro il quale si cela Mario Pierro, “Raiders Of The Lost ARP”), questo nuovo ep, che prende il nome di Waves e giunge a distanza di quattro anni dall’esordio intitolato Laguna. Ed è proprio la title-track ad accoglierci sul primo solco del vinile con il suo ritmo downtempo in chiave electrofunk, sul quale cade a pioggia un accordo caldissimo, preambolo a un’infuocata linea di basso che manda in overdose di vibrazioni il tutto. Un brano che conserva alcuni tratti distintivi del suono di Pierro, già espressi in passato in dischi come Beyond The Dark e più in generale nell’album Tema 5, qui tradotti in un assetto più mediterraneo e maggiormente malinconico. Sempre sul lato A il secondo solco è occupato da “Babashh”, altro inedito strumentale con tastiere in stile Dam Funk ad accoglierci, per poi far spazio al suono della chitarra che scivola via tra colpi di rullante, richiami di tastiere, flussi aciduli e altri innesti incentrati sull’utilizzo di tamburi. Una costruzione più complessa, una ricerca quasi liturgica dell’effetto ipnotico e psichedelico che ricorda alcuni dei viaggi musicali degli Amorphous Androgynous.
Lato B dedicato ai remix, entrambi del brano “Waves”, lavorati da Mark Barrot e dallo stesso Francisco con il suo pseudonimo L.U.C.A.. Il produttore britannico mantiene l’accordo principale inalterato per costruirci intorno la sua miscela balearica fatta di percussioni, flauti, arpeggi, una voce tenue e alcuni accordi di chitarra, un’interpretazione che mostra l’originale sotto una luce completamente diversa, più notturna ed ambientale, forse solo un filo manieristica. L.U.C.A. sceglie invece la via delle percussioni, trasportando il flow in una dimensione tribale dalle tinte oscure, una sorta di voodoo music che sampla pochi elementi dal brano originale e ne inserisce di nuovi, un ventaglio ampissimo composto di voci, bolle d’acqua, tastiere sbilenche, campanelli e legni percossi, regalandoci di fatto un pezzo nuovo, suggestivo e di grande sostanza. Un’etichetta della quale collezionare tutto.
TECHNO / ACID / EBM
THE REVOLVING EYES, The Nature And The Metal (Moderne Recordings)
Quattro bolidi di frastagliata dance cerebrale dai The Revolving Eyes sulla loro Moderne Recordings, a ricordarci quanto il Belgio abbia donato alla causa a partire dall’epopea new beat fino ad arrivare ai giorni nostri. Musica bastarda in combutta con italo disco – new wave – acid – house e techno frullata per creare meteoriti ad alto tasso di funk. I Revolving Eyes sono bravissimi nel limare alcuni eccessi tipici di queste forme musicali, conferendo un taglio deep a tutto l’ep. Si parte con l’ibrido house-techno-acid di “Beautiful Sadness”, con la 303 a stridere su di una base cavernosa e un ritmo soffocato. “External Guidance Suggested” riprende da quell’antro per esplodere in un mantra deep house devastante, “Ritual Serenade” è un maglio techno distorto con un groove funk da capogiro, mentre la conclusiva “The Nature And The Metal” un cuore wave ‘80 tra laser abbaglianti e drum machine robotiche.
ELECTRO / ACID
BROMIC / ENVMOD, aux4413 (mindcolormusic)
Nulla di meglio che una malinconica suite electro dalle tinte acid per attraversare al buio questo autunno. A rassicurarci è la musica della mindcolormusic, etichetta di nicchia che continua con coraggio a portare avanti il messaggio electro producendo giovani e sconosciuti musicisti che con genuina aderenza badano molto più alla sostanza che alla forma. Accade anche in questo split ep composto da otto brani, quattro nel primo lato per bromic e altrettanti per envmod in b-side. Prima facciata con la bassline a pungere continuamente su basi electro dinamiche, voci ben innestate e timbriche in stile Analord, il tutto condito da un mood funk molto potente. envmod alleggerisce il carico dinamico puntando su tastiere dai toni morbidi che mettono insieme dei brani electro-acid dove l’equilibrio tra le parti è il vero punto di forza. Senza strafare, ponendo al centro solo il buon gusto e una sensibilità verso le tanto osannate tematiche Braindance spinte in passato dalla Rephlex.
ELECTRO
MAJESTIC 12, Descendants Of Starfish Prime (Pi Gao Movement)
Gli Ultradyne decidono di mettere finalmente su dodici pollici questo ep pubblicato nel 2011 solo in formato digitale per la loro Pi Gao Movement. Né il progetto, né l’etichetta hanno mai goduto dei giusti riconoscimenti, ma sono cristallini portavoce e forse eredi unici del messaggio rivoluzionario lanciato durante i primi anni del ‘90 dal collettivo Underground Resistance. Il loro è un suono electro violento, capace di sputare fuori tutti i frustrati (ri)sentimenti delle minoranze, un suono comunque lucido, ruvido e funk nelle viscere del proprio essere. Aggressivo con quel furore di drum machine selvagge, tetro nell’estetica del parco suoni utilizzato, vivo di un dinamismo che arriva da lontano, dall’aver saputo immagazzinare e far proprio tutto l’immaginario electrofunk del glorioso passato ‘80… e visionario, come solo sa esserlo chi nutre speranza nel domani.
ELECTRO / ACID
LOW TAPE, Acid Patchway (Zyntax Motorcity)
Quattro caramelle electro-acid composte da Gennadiy Manzhos, che aggiunge un nuovo tassello alla discografia della Zyntax Motorcity, ferma ormai da qualche anno ma che in passato è stata una delle migliori etichette discografiche nel genere. Peccato per le sole cento copie stampate, perché la musica di Low Tape dovrebbe poter arrivare a molta più gente. Un suono che parte dalla conoscenza approfondita della Roland TB-303 per arrivare alla stesura di atmosfere sospese in pieno stile space-music. Perfetta colonna sonora per qualche sci-fi movie, musica in tutto e per tutto contemplativa e piena di speranza, ma crocevia di suoni che mettono in guardia su di un futuro in ombra nel quale tornare a riflettere in maniera profonda prima di attuare qualsiasi scelta.
ELECTRO
DOPPLEREFFEKT, Athanatos (Leisure System)
Si fa sempre più fitta la collaborazione tra Gerard Donald e la Leisure System, etichetta berlinese di buon livello che in precedenza aveva già pubblicato due ep e un album del misterioso produttore, nativo di Detroit ma di stanza in Austria da diverso tempo. Athanatos arriva a quattro anni di distanza dallo split con Objekt, sempre per Leisure e disco di inafferrabile bellezza che vi consiglio di recuperare, presentandoci cinque nuovi tasselli dello straordinario mondo electro di Donald, forte di una struttura timbrica ormai riconoscibile, con i suoi tagli scientifici impartiti alle tonalità delle tastiere e con le sue pacate ed essenziali linee di basso. Commovente quando trova la melodia perfetta, come nel caso del brano “Hayflick Limit”, scritto (se non vado errato per la prima volta in assoluto) insieme ad Alva Noto, e che torna ad avvalersi della voce della sua compagna Michaela To-Nhan Bertel. Impressionante quando carica il groove di suspance in “Telomere” con quel loop aggressivo e il suo contraltare celeste nella “pioggia” vitrea che martella l’intera stesura. Mistico in quel brano di chiusura roboante e carico di basse palpitanti. Non saremo mai stanchi dei suoi dischi.
COUNTRY AMBIENT / GUITAR
J.H. GURAJ, Steadfast On Our Sand (Boring Machines)
Ep molto interessante, questo pubblicato dalla trevigiana Boring Machines e firmato da Dominique Vaccaro con lo pseudonimo di J.H. Guraj, quattro brani realizzati per contribuire alla colonna sonora di un documentario girato sull’isola di Terschelling (Mare del Nord, Paesi Bassi) dal collettivo artistico ZimmerFrei, il cui nucleo attivo è formato da Massimo Carozzi, Anna de Manincor e Anna Rispoli.
Passa tutto attraverso la chitarra di Vaccaro, che intona un suono country-blues da western isolano molto dilatato e sfuggente, che abbraccia e si fonde a meraviglia con i field recordings di Massimo Carozzi (che riescono a trasmettere immagini puntuali dei paesaggi dell’isola) e con crespi inserimenti di charleston e rullante che spezzano i tempi e rafforzano i movimenti delle stesure. Come un desolato paese ad ovest del Mississipi, ma con il mare ad alimentare la speranza e a infondere sana malinconia attraverso la sua brezza.
EXPERIMENTAL
YVANKO, Pluviôse (Le Cabanon Records)
Quando mi ritrovo a pensare a un’etichetta discografica fondata di recente che mi abbia fatto scoprire sonorità nuove ed eccitanti non posso non citare la Le Cabanon Records, lanciata nel 2013 in Francia e giunta ora alla sesta uscita. Non hanno fretta i ragazzi: pubblicano dischi soltanto nel momento in cui sono sicuri di avere tra le mani musica estremamente suggestiva, ed il tempo è fedele testimone delle loro produzioni, che mantengono intatta la loro sfrontata voglia di osare anche se ascoltate a distanza di tempo. Questo Pluviôse inaugura una nuova serie di ep, denominata “Spectre”, ed è composto dal francese Yvan Tekoutcheff, un esordiente con idee brillanti che realizza sei tracce dove a figurare è una varietà di suoni eterogenea ed evolutissima. Sembra proprio di entrare in contatto con materiale proveniente da un futuro sconosciuto e assemblato per illuminare il buio pesto e per dar voce al silenzio totale. Un disco che ricorda per atmosfere un altro grandissimo ep, Red Shift di Hexagon, ma che introduce un livello di complessità maggiore nella costruzione dei pezzi, che potrebbero in qualche modo esser stati ottenuti anche tramite qualche procedura autogenerativa. Al momento questo è quello che intendo per musica sperimentale in grado di raccontare la modernità reinterpretando e attualizzando tutto quanto è stato tentato nei decenni precedenti.
DISCHI SFUGGITI
DEEP HOUSE
TAKECHA, Deep Soundscapes (Love Potion)
Capita sempre più spesso di venire a conoscenza di un determinato disco dopo molti mesi dalla sua pubblicazione, è lo scotto da pagare per la quantità immane di roba che invade il mercato quotidianamente. Quanta splendida musica perduta, di cui solo una minima parte viene poi recuperata in successive ricerche… “Dischi Sfuggiti” vuol proprio parlarvi di quelle perle trovate per caso durante le consuete sessioni di ricerca, musica passata sotto traccia, che una volta scoperta ti fa correre a vedere se qualche copia di un determinato disco è ancora disponibile, con quel vuoto allo stomaco che solo chi colleziona può capire. È successo di recente con questo doppio vinile del produttore giapponese Takeshi Fukushima in arte Takecha, quarto album per lui e primo pubblicato in territorio europeo dalla svedese Love Potion lo scorso marzo. Lo stile di Takecha è quello classico dei produttori deep house del Sol Levante, vicino alle cose più melodiche di Tarada ed a quelle meno sdolcinate di Calm, un flusso di groove vellutati pieni di pad e con pathos da vendere, ritmicamente eleganti, caldi quanto basta per infuocare piccoli club pieni di veri appassionati, ideali per coinvolgenti ascolti casalinghi. L’house music nella sua veste aggraziata, in un package che contiene dodici brani in cui il produttore va anche oltre, flirtando con jazz, ambient e soluzioni sonore più sperimentali.
RACCOLTE D’AUTUNNO
HOUSE / TRIBAL
JAN SCHULTE, Sorry For The Delay (Wolf Müller’s Most Whimsical Remixes) (Safe Trip)
Ho un debole per Jan Schulte, per tutto quello che mette fuori, lo considero uno dei migliori produttori e remixer in grado in maneggiare, con classe superiore, la materia del drumming. La Safe Trip mette insieme una raccolta di incredibili remix confezionati dall’asso tedesco nel corso degli anni: mancano diverse cose (alcune superbe come il remix per Solito di Josè Padilla) che speriamo vengano presto riunit in un secondo volume, ma il materiale selezionato è da first class, un’irrinunciabile gamma di sbilenche rivisitazioni che hanno dato un incontrovertibile valore aggiunto ai brani originali.
RIPESCAGGI
TECHNO / AMBIENT
MEEK, Glowing Trees (New Ground Dance Division, 1994)
La New Ground Dance Division è stata una di quelle piccole etichette inglesi fantasma, poche pubblicazioni concentrate in poco più di un anno, fondata da Ashley Marlowe dei Conemelt e poi sparita nel nulla. Una di queste release era firmata con lo pseudonimo Meek, nessuna informazione aggiuntiva… e nel 1994 era praticamente impossibile saperne di più. Sul primo lato dieci minuti di musica extraterrestre, una canovaccio ambient pieno di spiriti maligni, la 909 in crescendo poi il centro nevralgico in un suono techno claustrofobico e ipnotico da far paura. Sul retro gli stessi fantasmi accentuati da un incedere percussivo ripetuto all’infinito e da una nenia trance pronta a sradicare via la ragione. Cosa avesse in testa Andrew Weatherall in quel periodo è materia di studio ancora oggi…