Almanacco di domani #3
Spezziamo la ritrovata routine del mese di settembre con una selezione di nuovi suoni pronti a nutrire corpo e mente, spaziando dall’ambient alla techno, dall’electro al jazz e all’house per donarvi uno sguardo ampio sulle nuove uscite discografiche.
ALBUM
DEEP HOUSE
TOMINORI HOSOYA, Halfway (TH Pressing)
Album di debutto per il producer Tominori Hosoya, che dopo aver fatto gavetta con una sfilza di ep (sia digitali, sia su supporto vinilico), raccoglie le energie e mette insieme dieci brani house per l’interessantissima TH Pressing, etichetta giapponese che suppongo venga gestita dal producer stesso e che finora ha pubblicato musica house e techno di gran qualità. Sono sonorità classiche quelle che ci accolgono: in piena tradizione house del Sol Levante veniamo sedotti da morbide melodie e da un gran lavoro sulle ritmiche, molto vicino agli stilemi future jazz. Gli ingredienti ci sono tutti sin dall’apertura, “We Wish 2 Cherry Trees Bloom Forever”, con il piano a versare gocce di rugiada su una ritmica spezzata e su dei tappeti space che trasportano il brano in un luogo elevato dove godere del verbo house. “Love You Again” entra in una dimensione deep più intima con i suoi bassi profondi e un groove più minimale e ipnotico, che gioca su cambi di frequenza ed equalizzazione. “Beautiful Lives” è ancora più dura, con una linea di basso a trainare il corpo mentre intorno si sviluppa una poetica spaziale brillante. Un soave interludio ambient intitolato “Cycling” fa da spartiacque, poi si riparte col downtempo di “Weekend Othello”, un pezzo la cui melodia balearica ci trasporta dritti sul secondo vinile, che vede un altro grande brano house giocato tra una linea di basso profonda, i piattini e le note di un piano elettrico che entrano verso la metà. “Drawing With” è un potente bolide space-house con la bassline a gorgogliare sullo sfondo, mentre “The Future I Dream” è un’immersione dub in cui il suono ambient si fa tribale e cresce fino alla conclusione di sole tastiere che ne spengono l’ardore e si tramutano in un estatico loop di chitarra che ci accompagna verso la chiusura con “Scenery From Halfway”.
Un grande album.
JAZZ / EXPERIMENTAL / AMBIENT
NIK TURNER AND YOUTH, Pharaohs From Outer Space (Painted Word)
Questo è il terzo disco della Painted Word, fondata dall’ex bassista dei Killing Joke, Youth. Ha una lineup incredibile, qualcosa tipo: Turner a sax; Youth a basso, chitarra, harmonium e tastiere; ancora al basso Jah Wobble, Adamsky alle tastiere, Raja Ram al flauto, Daniel Romar al piffero, Morris Gould alle tastiere, Jamie Grashion, Michael Randall, Eddie Banda e Luke Fritzpatrick… in ognuno dei brani c’è un intervento diverso da parte di uno di questi musicisti, per un risultato in tutto e per tutto sopra le aspettative, posto che in genere i “supergruppi” messi insieme per dei concept album non danno quasi mai i risultati sperati, se non in termini di esecuzioni impeccabili. Qui invece il viaggio riesce alla grande: si parte da alcune basi space ambient create costruendo pad, riverberi, arpeggi e girandole sintetiche, poi i vari assoli fanno impennare le jam verso l’infinito, interpretando al meglio lo spirito del titolo stesso dell’album. Il sax è un traino micidiale che accompagna i brani verso lidi cosmici in odore dei Tangerine Dream più ispirati. Il mood è tutto circoscritto dentro una declinazione chill out elegantissima che, se messa in confronto alle peculiarità dei musicisti tirati in ballo, può dare la misura della riuscita di un album che stupisce per la bellezza delle atmosfere create, per la qualità delle melodie e per favorire quello stato di astrazione necessario per coglierne ogni singola sfumatura.
EXPERIMENTAL
PARALLEL WORLDS & DAVE BESSELL, Dystopia (DiN)
Nel 2012 il greco Bakis Sirros (Parallel Worlds) e Dave Bessel (parte del super gruppo Node) ci regalarono l’incredibile Morphogenic, pubblicato sempre dalla meravigliosa DiN di Ian Boddy, un disco di soundtracking noir con un parco suoni da far rabbrividire. Tornano insieme dopo sei anni per questo “sequel” e a tutti gli effetti prendono in consegna l’eredità del primo album e riprendono a raccontarci storie sintetiche con il cuore a pulsare proprio in quell’angolo di mondo che un tempo appartenne a John Carpenter. I loro suoni sono delizia per la mente, due maestri dei sintetizzatori a scrivere melodie intriganti, imperversate da fantasmi di ogni tipo. Il risultato è un disco ambient-electro scuro e fortemente descrittivo, dove le tastiere intonano sonorità cupe e i tamburi spingono la loro eco in profondità mentre tutto intorno c’è un arricchimento strutturale ottenuto tramite campanacci, maracas, suoni vitrei e altri plastici o metallici o liquidi, e altri ancora semplicemente elettrici. Al centro i due orchestrano il tutto con innate capacità compositive che traggono ispirazione dalla psichedelia, da vecchie magie Berlin School, dall’ambient di Brian Eno, dalla musica dello stesso Ian Boddy… L’insieme è presentato in questa forma narrativa personale ormai riconoscibile e dal valore inestimabile, dalla quale speriamo arrivino nuovi capitoli o nuove (differenti) storie. Questo è l’esempio musicale dal quale dovrebbero ripartire le tv, il cinema, le pubblicità, tornare ad investire sulla qualità per avere in cambio bellezza da condividere.
AMBIENT / TECHNO
GIORGIO GIGLI & BICHORD, In The Meantime (Informa Records)
Giorgio Gigli è al secondo album, successore di quel The Right Place Where Not To Be pubblicato nel 2015 sulla Electric Deluxe. Torna unendo le forze coi perugini Bichord, autori del bellissimo Metamorfosi, pubblicato lo scorso anno, che aveva attirato le proprio le sue attenzioni. In The Meantime è composto da sei episodi ambient-techno, radicati proprio in quel mood claustrofobico che alla fine è il marchio di fabbrica di Gigli, che in seguito si evolvono e danno ampio respiro a una forma melodica molto più pronunciata rispetto al passato. Il brano di apertura, “Looking For A Dream”, è un ponte di collegamento col disco precedente e sfrutta un loop ritmico soffocato per costruire una texture astratta pervasa di grana noise e piccoli suoni. In “Talk To Me” entra in scena la prima vera novità, ovverosia l’utilizzo della voce di Katy Blue (al secolo Federica Farinelli), che con il suo sussurrato soave sorregge un brano ambient tutto pad e inserti percussivi. “Human Satellites” chiude il primo lato con gli strascichi di un rullante e con un basso cavernoso che anticipa un arpeggio metallico in grado di far ondeggiare le vibrazioni di un corpo ambient oscuro. La b-side squarcia i cieli con il secondo cantato del disco, “Just Inside Of You”: è ancora una volta la voce a tracciare la melodia portante, con delicatezza, mentre in sottofondo si alternano luci al neon che illuminano a cadenza regolare la scena. “Dive Behind Stars” tira fuori i bassi per un viaggio techno corrosivo con un synth emozionante, “Make Sure To Never Miss A Thing” è un ibrido ambient-techno con sonorità più acidule e un groove lento e ipnotico.
Un grande passo in avanti.
AMBIENT
QUART, Life Is Beautiful (BBE)
Lo scozzese Vince Watson, dopo aver passato più di un ventennio a dedicarsi alla causa dance, ha cominciato a elaborare un nuovo messaggio rivolto agli appassionati di ambient music. Lo aveva già fatto con l’album Serene, pubblicato nel 2013 dalla Pyramids On Mars, lo rifà per la prestigiosa BBE Records con un lavoro incentrato sulla melodia. L’artista, ormai residente ad Amsterdam da diversi anni, mette insieme una serie di composizioni per piano arricchite da pochi, semplici elementi come batteria e altre tastiere elettroniche. Il risultato è un viaggio cinematico dentro a una serie d’emozioni da fine estate, con le note a pronunciare saluti in lontananza e a proiettare dinanzi a loro i malinconici sussurri dei ricordi in un linguaggio che è ambient ma anche jazz, memoria ma anche speranza.
Al momento non sembra esser prevista una release fisica di Life Is Beautiful: la speranza è un bel cd.
AMBIENT / EXPERIMENTAL
GRAND RIVER, Pineapple (Spazio Disponibile)
Album di debutto per Aimée Portioli dopo un 12” pubblicato sempre dall’italiana Spazio Disponibile, tra l’altro uno dei migliori numeri del suo catalogo. Arriva in un sontuoso doppio vinile con dieci brani che riprendono il discorso proprio da quel flusso di onde che ci aveva piacevolmente sorpresi lo scorso anno, mantenendo altissimo il livello di dettaglio e la scorrevolezza di quest’elettronica ipnotica ma aperta a innesti sonori di carattere variopinto. Immaginate un corpo che si muove in un lungo, morbido arpeggio in cerca dello stato di trance, mentre tutto intorno si sviluppa una poetica fatta di tanti piccoli arricchimenti. Siano essi dei semplici suoni vitrei o le vibrazioni di un rullante. O ancora dei frammenti di piano elettrico che sembrano tromba strozzata, dei sussulti elettrici, degli echi aciduli posti in lontananza. Sound design che emoziona e costruisce ambienti surreali nei quali viversi il proprio viaggio in serenità, ascoltando un disco che per concretezza e qualità delle idee potrebbe esser accostato alle composizioni di mostri sacri come Suzanne Ciani o come uno di quei pezzi del prestigioso catalogo INA-GRM.
EXPERIMENTAL / TRIBAL
JOLLY MARE, Logica Natura (Orbeatize)
Orbeatize è la creazione di Cesare Barbetta, infaticabile collezionista di vinili italiano che gestisce l’incredibile blog Boxes Of Toys (se nel tempo vi siete trovati a cercare materiale introvabile di ambito disco, cosmic o semplicemente di elettronica “stramba” sicuramente vi sarete imbattuti tra le sue pagine). Dopo anni di invidiabili pubblicazioni Cesare ha fondato la sua etichetta, la Orbeatize, che porta avanti due linee di prodotti, una non per caso dedicata alla ristampa di rarità, l’altra a musica nuova. Nel secondo contesto s’inserisce quest’album di Jolly Mare, il produttore nato Fabrizio Martina, un passato immerso nella disco, nell’italo disco e nel synth pop, con i suoi dj set e con alcune produzioni che a dirla tutta non mi avevano mai catturato. Qui Martina cambia totalmente registro e realizza un concept album percussivo utilizzando tutta una serie di macchine analogiche elencate nel retro-copertina: a ispirarlo è soprattutto una drum machine giapponese acquistata da un suo amico. Il disco è una continua jam tra elementi percussivi che creano delle texture mutanti nelle quali a convivere è un insieme di suoni e colori ampio e variegato, non delle vere e proprie “forme canzoni” (quantomeno non sempre), ma dei segmenti ritmico-percussivi uniti a una vasta varietà di suoni più squisitamente elettronici che ci riportano con la mente ad alcune vecchie libraries italiane come quelle di Marcello Giombini. Il rischio era quello di avere una certa monotonia complessiva, ma questo è tenuto ben alla larga grazie alla varietà dei temi proposti, il che denota grande creatività ed eccellente gestione della materia. Un lavoro per avventurosi amanti delle sperimentazioni sul groove e sulle batterie elettroniche.
EXPERIMENTAL / TECHNO
DJ RUM, Portrait With Firewood (R & S Records)
Secondo album per Felix Manuel in arte Dj Rum, eclettico produttore inglese che sta sperimentando una commistione di generi personale, che va dall’ambient/modern classical alla dubstep/broken beat, all’house e alla techno. Compito difficile quello di far suonare bene insieme input così disparati ed è proprio da questa strabiliante abilità di dosaggio e fusione che emerge tutta la sua caratura artistica. Non fa eccezione questo nuovo album, capace di attirare l’interesse del veterano Renaat Vandepapeliere, che lo ha messo sotto contratto nella sua eroica R & S. Il disco ha una fase introduttiva molto lunga nel corso della quale il musicista avvia un crescendo musicale che parte dalle note di un pianoforte, molto melodiche e ispirate, per poi introdurre elementi vocali, trombe, violini e infine le batterie elettroniche che incrociano atmosfere man mano sempre più tetre. Circa alla metà dell’album questo crescendo diventa un inferno di frequenze basse, ritmiche spezzate che si aggrovigliano e synth che tengono la tensione altissima in uno sviluppo melodico sempre concreto e mai banale che ci consegna un grandissimo album, destinato a rimanere nei nostri ascolti per lungo tempo.
SOUNDTRACK / AMBIENT
HEINRICH DRESSEL, Ward XVIII (Per Musica Ad Astra)
L’ex manicomio romano di Santa Maria Della Pietà è un complesso sorto durante il XV secolo e diventato man mano un centro di reclusione per malati mentali di ogni tipo, oltre che il più grande ospedale psichiatrico d’Europa, lo racconta bene il libro “Scene da un manicomio” di Bruno Tagliacozzi e Adriano Pallotta. L’intera area era suddivisa in padiglioni, ognuno con un’organizzazione propria. In particolare il padiglione XVIII era destinato ai criminali e aveva mura di cinta alte 4 metri. Il romano Heinrich Dressel, al secolo Valerio Lombardozzi, scrive quest’album proprio in seguito a un giro notturno nel padiglione XVIII ormai abbandonato da decenni, tour che lo ispira a tal punto da spingerlo a chiudersi in studio per riversare quelle cupe visioni in un album pubblicato su cassetta dalla Per Musica Ad Astra di James Penrose, produttore con lo pseudonimo di Casionova e fondatore tra le altre cose della Magic Waves. Dressel ci racconta gli antri del manicomio mettendo insieme una vera e propria colonna sonora ambient dalla grande intensità emotiva. Tutti i temi sono sviluppati partendo da alcuni pad oscuri e viscerali dove il producer costruisce strati di suono di diversa natura come fluttuanti rasoiate elettriche, legni sbattuti, profonde suonate di organo, sibilanti rumori elettrici, arpeggi celestiali o gorgoglianti apparati motorici. Tutto è scritto con l’usuale maestria compositiva della quale Lombardozzi ci ha già fornito ampia dimostrazione nel corso degli anni. Un ascolto evocativo da fare a notte fonda per assaporare ogni singolo minuto della cassetta.
AMBIENT
HELIOS, Veriditas (Ghostly International)
Attesissimo ottavo album in studio per Keith Kenniff, musicista residente a Boston – meglio conosciuto con gli pseudonimi di Helios o Goldmund – che in passato ci ha regalato capolavori come Eingya o Caesura, dischi di difficile reperibilità che andrebbero senza dubbio ristampati. Con questo nuovo Veriditas lo troviamo per la prima volta sotto la gestione della newyorkese Ghostly International, realtà di tutto rispetto che saprà veicolare al meglio il lavoro senza badare troppo a minchiate limited, insensate per un album di questa portata.
Eccoci di nuovo qui, di notte, a lasciarci ammaliare dalle atmosfere fumose di Kenniff – una sicurezza verrebbe da dire – ascoltando le sue composizioni minimali dove le note del piano formato un perfetto amalgama con le tessiture sonore dilatate ormai suo marchio di fabbrica. Dove il suono della chitarra viene trasformato fino a renderlo irriconoscibile. Dove le texture vengono costruite con calma e dovizia, senza tralasciare alcun particolare, curando il dettaglio, regalandoci quel soffio vitale che è il distacco, il viaggio. Una sensibilità superiore nel comporre delicatissimi gioielli sonori in grado di trasportare la mente in qualsiasi luogo distante dalla realtà. Accordi magici che escono fuori inaspettati, elevando al massimo il livello emozionale. È così naturale perdersi nei suoi dischi, è così dura attenderne di nuovi.
EXPERIMENTAL
AA.VV., Sichten 1 (Raster)
Progetto sulla carta molto interessante, questo della raster (ex raster-noton), che si propone di realizzare una serie di compilation di volta in volta affidate a un curatore diverso, per intenderci qualcosa di simile a quanto accade con la serie Air Texture. L’obiettivo dichiarato è quello di esaminare e pubblicare musica sconosciuta, dimenticata o che altrimenti non avrebbe mai visto luce tramite i normali flussi di lavoro della/e label. Il primo capitolo è stato affidato alla selezione di Frank Bretschneider, co-fondatore dell’etichetta (all’epoca Rastermusik, combinatasi poi con la Noton di Carlsten Nicolai) assieme a Olaf Bender, oltre che produttore dalle spiccate doti ritmiche.
Il colpo d’occhio è subito entusiasmante perché in scaletta figurano ben tre brani degli italiani Retina.it e due di Zavoloka, sottovalutata musicista e graphic designer ucraina parte di Kvitnu, etichetta interessantissima della quale vi consiglio di andarvi a cercare i dischi. Aspettative soddisfatte in pieno in questo primo capitolo: il mood generale dei brani è quello di piccoli esperimenti non del tutto catalogabili, magari delle prove in studio realizzate per testare alcune configurazioni o idee sviluppate per progetti che non hanno poi mai visto la luce. La selezione regala un ricco ventaglio di suoni che vanno dalla straordinaria apertura realizzata proprio da Zavoloka, un inusuale flusso ambient-techno che cresce man mano per poi esplodere in un finale dove groove e melodia creano uno scenario fantascientifico di grandissimo impatto. A seguire la composer Midori Hirano, in arte mimicof, con un pezzo di glitch-hip-hop dove una cassa profonda e un microcosmo sonoro mantengono vivo il profumo di futuro. Il veterano Benjamin Brunn con tre brani in bilico tra techno destrutturata, electro e puro sound design sul finale. I nostri Retina.it al secolo Lino Monaco e Nicola Buono, con tre pazzeschi cut techno dove groove e sperimentazione viaggiano a braccetto tra rasoiate metalliche, bassi devastanti e una gestione delle dinamiche potentissima. Sono presenti anche momenti più astratti come quelli dei brani di Mads E. Nielsen e Pierce Warnecke, collage minimali che riportano ai primi episodi delle raccolte Clicks & Cuts della Mille Plateaux e forse in maniera più decisa a un senso di vicinanza assoluta all’estetica della raster stessa. Un grande bagaglio di suoni da portare nel futuro.
JAZZ / AMBIENT
SINGU, Siki (Growing Bin Records)
Sabastian Grätz, noto ai collezionisti mondiali come Basso, continua a portare avanti il suo online store con estrema meticolosità, proponendo sempre materiale ricercato che difficilmente troverete in altri posti. Stesso discorso per le pubblicazioni della sua label, uno showcase di ambient, jazz, musica cosmica, krautrock e altro ancora che uscita dopo uscita aggiunge valore alla gamma di sonorità proposte. Questa volta si vola in Giappone con lo sconosciuto trio dei Singu, improvvisatori che da quanto si apprende amano riunirsi e suonare insieme senza vincoli, in estrema libertà. Ed è proprio questo lo spirito che viene fuori dal loro album di debutto, che parte con le notturne divagazioni di batteria di “Aurora Gates”, che incrocia gocce di pianoforte e soffici tappeti in quella che si rivelerà essere una lunga introduzione al mood dell’album. “Bop2B” è una jam jazz più frenetica, con la batteria spezzata e il pianoforte a seguirne le gesta, “Nabegu” uno strano fungo psichedelico con i synth in distorsione e la batteria libera a tracciare ritmi inusuali sulle corde del basso che riscalda il sottofondo, “Fazaria” un sognante brano ambient che fa danzare il suono dilatato delle tastiere su una carcassa ritmica posta in secondo piano… “828” un esperimento tra corde torturate e battiti sincopati, “44” una degna chiusura, ancora in chiave ambient jazz, con tutti gli elementi che suonano assieme e trovano una quadra melodica meditativa. Aprite la mente e fatevi il viaggio.
HOUSE / ACID HOUSE
DJ SPUN & DHYAN MOLLER, Acid Experience (Still Music)
Dodici cut di pura acid house basica provenienti dagli archivi di Dj Spun e Dhyan Moller e prodotti e pubblicati dalla Still Music di Jerome Derradji. Musica realizzata (secondo le note allegate) durante la metà degli anni ‘90 in presa diretta e registrata su dat per rimanere sepolta tutti questi anni, ci trovate dentro quello spirito nudo e crudo dell’house music americana in chiave acid, con quelle batterie elettroniche tanto scarne quanto pungenti, i sample vocali asciutti e la 303 a diffondere un messaggio che recita soltanto: acid. Uno di quei punti di vista per cui la melodia poteva dirsi accessoria in confronto al mood infernale ottenuto con programmazioni semplici ma in grado di incendiare dancefloor e menti.
ELECTRONIX
HEINRICH MUELLER, False Vacuum (WeMe Records)
La belga WeMe Records mette insieme un doppio vinile contenente una vasta serie di remix realizzati dallo scienziato Heinrich Mueller (metà Drexciya, Dopplereffekt, Arpanet, per dare qualche coordinata). Con il suo lavoro di manipolazione ha sempre aggiunto una componente scientifica di matrice electro sui brani presi in considerazione. Non una selezione completa, ma sicuramente una raccolta dal valore archivistico enorme, speriamo in un secondo capitolo per completisti.
SINGOLI
DEEP HOUSE / FUTURE JAZZ
CITIZEN MAZE, Serenity in the Woods (Analogue Attic)
Analogue Attic sempre in forma smagliante, questa volta con un nuovo 12” firmato dall’australiano Adam McCoy aka Citizen Maze. Elegantissimo il brano di apertura, “Natural Playground”, una suite house notturna con una linea di basso a trainarne il corpo mentre dei morbidi tappeti oscuri e delle note di piano accendono le luci sui field recordings. “Glade Hollow” la segue sullo stesso filo logico aggiungendo partiture ritmiche più complesse e un riverbero che anticipa l’ingresso di un magico assolo di sax. “Serenity In The Wood” è un crescendo astratto tra estetica dub, percussioni e una voce fioca che intona una melodia appena pronunciata. Dieci intensi minuti per la conclusiva “Moonlight Sanctuary”, intro ambient che evolve poi in una ballata jazz elettronica di grandissimo pregio, ancora sax, tastiere ad accompagnare, cinguettii tutto intorno e un ritmo leggero a sostenerne l’andatura.
ELECTRO
PATRICIA, Free Lunch (Nona Records)
Max Ravitz cambia traiettoria su questo ep per la Nona Records, mettendo insieme cinque bolidi electro-acid con la sua solita attenzione maniacale a un groove che possiamo definire “proprietario”. Gioca su livelli di suono sfalsati con equalizzazioni strambe e programmazioni ritmiche mai banali, costruendo brani articolati e complessi dove le correnti acide si insinuano nelle pieghe dei break in incastri scientifici sapientemente modulati con i suoi sintetizzatori. Grande è anche l’eredità del suono elettronico inglese dei primi Novanta, dal quale Patricia cattura alcune timbriche e costruzioni, ibridando il tutto in una forma electro che ricorda la straordinaria musica di un altro giovane musicista come Hiele in un disco che sembra destinato a un pubblico maggiormente affine a sonorità electro che non a quelle house-techno che hanno contrassegnato le sue precedenti produzioni.
HOUSE / ELECTRO
TOO SMOOTH CHRIST, With You In Mind (Supergenius Records)
Interessante nuova etichetta francese, questa Supergenius Records fondata da Dj Koyote e Too Smooth Christ, un suono che ondeggia amabilmente tra house e techno con mille sfaccettature e contaminazioni. Questo nuovo ep è proprio opera di Too Smooth Christ (il cui vero nome è Christophe Le Gall), che mette insieme quattro brani dove la creatività la fa da padrona. Inizio house con “Infinite Fall Dmz” e il suo groove trascinante tra bagliori di inizio Novanta, gran giro di basso e tastiere a intonare il giusto mood. “PHEQS125” è un grande brano electro acid con bassline e sintetizzatori a spartirsi la scena tra pause ed affondi molto ben studiati. La title-track è ancora un grande gioco electro con echi di video game music che aggiungono quel sapore vintage di gran classe, mentre la chiusura è una sorta di piano jazz infuso di percussioni ed altri suoni elettronici. Da seguire!
ELECTRO
LUZ1E, 4 / 5 / 20 / 18 / 15 / 9 / 20 (LT Records)
Quattro grandi brani electro da parte di questo giovane producer di Francoforte che aveva esordito lo scorso anno su Lobster Theremin e che torna sempre in una delle label gestite dalla famiglia con questo ep. In apertura abbiamo un brano electro-soul diviso ottimamente tra ritmo e melodia con un raggio sonoro che punta chiaro verso Detroit, successivamente in “Solitude” il ritmo passa in secondo piano per far aprire il suono acid in un contesto molto dark e notturno di gran classe. B-side con la mentale “Exploration Of The Mind” e i suoi grovigli ipnotici sparati a tutta velocità, in chiusura un meraviglioso brano dal mood scientifico che risponde al nome di “Malfunction” e che mostra una spiccata abilità nel costruire groove minimali che fanno della precisione il loro punto di forza.
UNDER THE RADAR
Maximiliano Faccio, metà dei Freewill, è in scena con un nuovo progetto che prende il nome di ARKFY e sta mettendo fuori una quantità di brani industriale. Robe a cavallo tra prima Warp, altra techno, electro ed ambient di chiara matrice UK ma prodotte in toto in quel di Vicenza. Uno che è in giro dalla metà degli anni Novanta e che ha raccolto pochissimo. Ci sarebbe da selezionare e tirar fuori un doppio cd di quelli da lasciare nel lettore all’infinito. Al momento ve lo potete ascoltare a questo link. Tenere altissima l’attenzione.
RIPESCAGGI
TECHNO / AMBIENT
THE 7TH PLAIN, Astra-Naut-E (1994, General Production Recordings)
Luke Slater nello spazio. In quella logica techno stellare, già Europa, nel vivo di quell’atto di riscrittura del linguaggio utopico detroitiano che in molti hanno inseguito ma soltanto in pochi hanno saputo elaborare con tale lucidità. Il percorso di Slater come The 7th Plain è qualcosa di ultraterreno, qui con il terzo ep messo fuori per la GPR a sciorinare una prima marcia techno con le tastiere a puntare pianeti lontani, un giro trance a far spiccare il volo ed una serie di synth in distorsione a rapire la mente per condurla in un non luogo senza pareti ne vincolo alcuno. In b-side con un lungo respiro ambient sorretto dal suono di un organo elettrico e da un ritmo meccanico che instancabile, lavora in sottofondo.