ALL OUT WAR, Celestial Rot
Esce su Translation Loss Records l’ottavo disco dei newyorkesi All Out War e si può dire che non deluderà i fan della band. A 25 anni dal loro secondo album (For Those Who Were Crucified), considerato una una delle pietre miliari dell’hardcore più metallico, ci dimostrano che certi gruppi ormai affermati come pionieri e massimi rappresentanti di un genere non devono per forza adagiarsi sugli allori e sfornare periodicamente sempre lo stesso album ma con una copertina diversa.
Sin dai primi secondi ci troviamo di fronte al dato che il suono “principale” della band, fatto di importanti debiti col thrash metal della Bay Area ma anche con quello teutonico (Kreator, per esempio), passaggi di breakdown hardcore violentissimi e la voce del cantante/fondatore Mike Score, sia “presente” e non suoni affatto stanco o superato. Score, soprattutto, non mostra segni di cedimento e restituisce ancora pienamente quelle rabbia e “disperazione” che, visti anche i testi, sono marchio di fabbrica degli All Out War. Oltre ai tratti distintivi del gruppo, il disco rivela ulteriori influenze ed esplorazioni che portano a una riduzione dei momenti “core” a favore di incursioni nel black metal o comunque in quei suoni “a metà” dove il black e il punk hardcore s’incontrano, determinando così un ulteriore “oscuramento” dell’atmosfera e portando l’ascoltatore lontano dallo stato di New York fino alla penisola scandinava, dove crust e death metal sono di casa.
Come accennato, il gruppo non si smentisce nemmeno quanto a temi trattati nei testi, con quel carico di critica sociale verso le istituzioni soprattutto religiose, portata all’estremo con visioni e creazione di scenari apocalittici da totentanz contemporanee che, a loro volta, fanno parte del marchio di fabbrica sopra citato. In un momento in cui, forse più di venti anni fa, l’hardcore e il metal più estremo (nelle sue varie sfaccettature) si contaminano, creando una nuova ondata di gruppi “borderline” (Fuming Mouth, High Command…), realtà storiche e ormai affermate come gli All Out War si rinnovano e si spingono sempre più “oltre”, mantenendo però fede al loro suono originale. Le accuse di “riproporre sempre la stessa zuppa” arriveranno ad altri.