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ALGIERS, 13/11/2017

Torino, Astoria. Anche le foto sono di Emiliano Cocco.

La formazione di Atlanta, impostasi negli ultimi due-tre anni grazie a due full length, una manciata di ep e al suo “dystopian soul”, torna in Italia dopo il lungo tour europeo di supporto ai Depeche Mode. All’Astoria, piccolo club torinese, la situazione è ovviamente del tutto diversa in termini di capienza, tanto che in breve tempo si registra il sold out.

La scaletta dei brani rappresenta in maniera chiara la gamma sonora che la band è capace di creare. La sfrontatezza electro industrial di “Cleveland” viene sbattuta in faccia al pubblico senza troppi fronzoli, poi si passa alla serrata “Animals”, cosi da surriscaldare ulteriormente gli animi. “Death March” rallenta ma non allenta la presa col suo incedere ossessivo dal sapore post-punk e sfocia in “Walk Like A Panther”, manifesto di protesta urlato sotto un tappetto di hip hop marcatamente elettronico.

I nuovi brani scorrono come una scarica adrenalina insieme a quelli del recente passato. “Remains” e “Blood” si fanno spazio con un andamento marziale e ipnotico che li vede contrapporsi all’industrial funk di “Cry Of The Martyrs” e l’alienante cupezza di “Hymn For An Average Man”. “Old Girl” e “But She Was Not Flying”, due delle vette qualitative raggiunte dal folgorante esordio di alcuni anni fa, in sede live acquistano persino una maggiore energia.

Franklyn James Fisher, a suo agio nella parte del cantore gospel sovversivo, è affiancato dal continuo ondeggiarsi del bassista Ryan Mahan, ed entrambi sono ben supportati dalla presenza del chitarrista Lee Tesche e dall’ex batterista dei Bloc Party Matt Tong, entrato in forza nella formazione live dal precedente tour.

Spetta a “The Underside Of Power” il compito di mandare a casa tutti i presenti tra applausi e consensi.