ALESSANDRO CORTINI, Sonno
Alessandro Cortini è strafamoso rispetto alla media degli artisti che trattiamo, giusto? Anch’io fui subito colpito quando scoprii che su With Teeth dei Nine Inch Nails il “tastierista” era lui, un italiano, per essere dopo molto contento di constatare che il disco mi piaceva pure un sacco e che Reznor non era ancora finito. Come ipotizzabile, dato che sono già passati dieci anni da quella volta, Alessandro ha pubblicato delle cose da solo, sfruttando l’esperienza accumulata e la sua visibilità, provando a far germogliare le proprie idee (il Premio Oscar passa per essere un autocrate, indi con lui Cortini dovrebbe essere quasi solo un esecutore e basta, anche se non sono mai stato in sala prove con loro). A dare alle stampe Sonno è la Hospital Productions, ma – al contrario di quel che magari si potrebbe pensare – l’album fa fede soprattutto al proprio titolo, dato che esprime in musica un vagare chissà dove mezzi addormentati. La storia che ci viene raccontata, del resto, è che questo disco è stato registrato con piccolo sintetizzatore analogico e con dei pedali, incorporando anche i suoni dell’ambiente circostante, cioè le stanze d’albergo dove Alessandro si trovava (presumibilmente in tour) a cazzeggiare. Fa uno strano effetto su tutti, ovviamente, leggere che lo stesso musicista che la sera si trova a suonare assieme a un cinquantenne miliardario, tra l’altro con alle spalle un apparato audio/visivo da ziliardi di dollari, di notte poi abbia quest’approccio così dimesso e lo-fi, come a dire che la creatività vera prescinde dai mezzi. Vero o no, di sicuro questo è un album notturno e sfocato, con qualche aggancio ai classici (Eno) e forse anche ai selected ambient works di Richard D. James, senza dimenticare i “Ghosts” reznoriani, alla creazione dei quali Alessandro, assieme ad Atticus Ross, dovrebbe aver partecipato questa volta persino in veste di autore. C’è insomma quella bellezza semplice dell’ambient, ma si tratta di una bellezza che Cortini lascia vedere da un’altra stanza, attraverso un vetro smerigliato o qualcosa del genere, generando in chi ascolta la sensazione di essere stato drogato e non capire bene cosa gli sta succedendo intorno. Da qui l’intuizione di qualcuno che ci ha visto sì Aphex Twin, ma rifatto da Caretaker (sono comunque gli stessi NIN a proporre un’estetica spesso “somewhat damaged”). Tutto vero, tutto giusto, tutto figo: non siamo di fronte un capolavoro sottovalutato (quasi zero recensioni in rete, al momento) come qualcun altro proverà a dire, però è un buon disco da avere in casa.
Tracklist
01. Rovine
02. Voltaggio Solitario
03. Dell’influenza
04. Passatempo
05. Di Passaggio
06. Variabile
07. E Del Controllo
09. Fantasma Modulazione
10. Rinascimento