ALBERTO N. A. TURRA, It Is Preferable Not To Travel With A Dead Man
È preferibile non viaggiare con un uomo morto, consiglia Alberto Turra, ma “Black Madonna” cos’è, se non un blues a un funerale, un’elegia, un viaggio nella polvere? Un uso aperto e libero dei loop e un chitarrismo incisivo e personale permettono a Turra di uscire dalle secche in cui il solo può impantanarsi per planare invece alto, con inventiva, poesia e leggerezza, solcando cieli e strade che si perdono felicemente in terre fuori dalle mappe conosciute. Molto, molto riuscita la versione del classicissimo “If You Want Me To Stay” di Sly & The Family Stone (1973), una pietra miliare del funk più smooth: la linea di basso che tiene in piedi tutto (ed è il pezzo) è affidata alla chitarra mandata in loop, su cui spuntano ramificazioni hendrixiane e anche qualche vocalizzo che doppia la parte solista: un lampante esempio di come si possa suonare rock nel 2018 senza essere banali. Un omaggio devoto ma non calligrafico, un pezzo che emozionava nella versione originale (personalmente l’ho conosciuto grazie alla interpretazione che ne diedero i Red Hot Chili Peppers in Freaky Stiley del 1985… è una mera questione anagrafica, essendo io nato nel 1975) ed emoziona ancora oggi, in questa versione. Per cui ascoltiamo il tuo invito, Alberto, e restiamo con te, sul “Col Di Lana”, per 14 minuti e passa di digressioni melodiche in duo con il contrabbasso di Riccardo Barbera, che se da un lato ricordano all’inizio Giovanni Unterberger (una memoria d’infanzia questa, me lo suonava mio fratello quando ero bambino) e hanno un andamento da musica classica, dall’altro durano forse più del necessario (la parte più dilatata ed enfatica, dal minuto 9 in poi, non decolla). Ancora una lunga escursione nelle possibilità chitarristiche (con il profilo del Neil Young di Dead Man ad annuire sullo sfondo) è quella che ascoltiamo con l’interpretazione di “You Don’t Know What Love Is”, enigmatica e notturna, felicemente trasfigurata da un sottile drone psichedelico, come una sirena che chiama da lontano: la melodia cerca di allontanarsi dalla tentazione mortale, che poi svanisce, per lasciare spazio al tema esposto in maniera più classica e bluesy, e nuovamente il contrabbasso a rispondere ed a sorreggere il discorso, mettendo virgole e punti dove occorre, o prendendone pure in mano le redini. Chiude il programma “Cellule”, ancora attestata su una lunga durata, che attorno al minuto due sembra una versione blues di un pezzo dei Cure: sarà l’andatura a passi felpati e cadenzati, sarà un che di dark che innerva il feeling di queste composizioni, autografe e non (dark e soul al tempo stesso, due mondi solo apparentemente inconciliabili e che invece, ad esempio, convivono felicemente nel disco dei The Rape, per i quali Turra ha da poco aperto al Bloom di Mezzago), sarà un’anima dolente che attraversa i pezzi come un’ombra, come quel filo di voce che ogni tanto fa capolino per poi sparire, oppure quel toccante drone blues che chiude il pezzo, come una preghiera rivolta a un dio impassibile, davvero da brividi.
Un disco dal vivo, registrato in una unica session nello studio di uno scultore in un antico palazzo di Genova, pubblicato in co-produzione dalla torinese Felmay e dalla newyorkese Chant (facente capo a Shanir Blumenkranz), che testimonia le ottime capacità di un interprete e di un compositore maturo, ma al quale avrebbero secondo me giovato tempi più asciutti in qualche frangente. Ci troviamo comunque di fronte all’ennesimo musicista italiano da seguire con attenzione. Aggiornate la lista.
Tracklist
01. Black Madonna
02. If You Want Me To Stay
03. Col Di Lana
04. You Don’t Know What Love Is
05. Cellule