ALBERTO BOCCARDI, Fingers
Ci prova, Alberto Boccardi, a non rimanere confinato in Italia. Dopo lo split con Lawrence English, un’operazione intelligente di Fratto9 (che per prima lo ha scoperto), lo troviamo con un lavoro di una quarantina di minuti che esce negli Stati Uniti per Cassauna, dipartimento nastri di Important Records, e in Europa per la polacca Cat Sun, divisione della più industrial Monotype. Con Fingers Boccardi prende anche una strada tutta sua, molto poco battuta e per nulla pianeggiante, ponendosi come il regista di un film corale, in cui molti musicisti (il cast lo vedete nell’immagine qua sopra, non faccio name dropping) recitano brevi parti assieme o separati, caratterizzato da un montaggio per certi versi estremo. Una batteria vera si confronta con asperità digitali, voci litaneggianti cercano di far emergere brandelli di umanità, un contrabbasso reale diventa linea ritmica cupa e severa, un piano autentico viene messo in sequenza e riverberato fino allo smarrimento, un violoncello contribuisce ulteriormente a scurire i toni di un disco nient’affatto conciliante. Il bisogno del musicista elettronico di sentire tra le dita strumenti tradizionali – voci comprese – sembra essere qualcosa di ciclico e ineliminabile (Fennesz, Alan Wilder…), ciononostante si può guardare a lungo dentro Fingers, e non capirlo mai davvero bene, eppure poi addosso resta come una fuliggine difficile da togliere, che magari uno non vuole nemmeno togliersi. Spero che qualcuno di più intelligente mi aiuti a trovare la chiave di tutto, un giorno.
Al momento Fingers è in full streaming su SentireAscoltare.