ALASDAIR ROBERTS, Grief In The Kitchen And Mirth In The Hall
Alasdair Roberts, uomo dalla provincia di Glasgow. La sua chitarra, la sua voce, la sua tradizione, la Scozia, sparute tracce d’Irlanda e dell’Isola del Principe Edoardo. Dopo gli antichi fasti con gli Appendix Out il chitarrista – a partire dal 2001 – ha aperto dei mondi luminosi ed antichi, in cui le canzoni sembrano essere trasportate dal vento. Non fa eccezione questo Grief In The Kitchen And Mirth In The Hall, sempre per la benemerita Drag City. Cosa può unire la canzone tradizionale con la Wind City, se non l’amore per musiche e melodie fuori dal tempo? Storie che diventano semplici suoni che ci ricollegano a una tradizione secolare, giri di chitarra che diventano onde o ruote di un carro. A cantare queste storie un bardo che avrebbe potuto tranquillamente nascere trecento anni fa, ma che si è ritrovato a vivere in quest’era con le medesime armonie ed il medesimo impeto. Così non ci resta che seguire le gesta, le storie e le vicende di Eppie Morrie, Bob Norris, Bonny Moorhen e di tutti gli altri convitti, lasciando che la mente corra e colleghi persone, storie e personaggi a questo grumo di note e parole.
Ricordo quando, nei maldestri tentativi di aiutare cari amici a suonare all’estero, riuscii a far finire i Silent Carnival insieme ad Alasdair sul palco dello Sparte 4 di Saarbrücken. Oppure le sortite dello stesso Alasdair insieme ai Songs:Ohia, o ancora il suo primo album da solista, uscito quando avevo metà degli anni che ho ora. Ma sono altre storie, forse sarà qualcun altro a cantarle ed Alastair Roberts ne sarà protagonista. Non è ancora il momento però, la sua sedia è ancora occupata e i racconti sono ancora i suoi.