AKHLYS, Melinoë
Akhlys è un altro progetto parallelo (noi abbiam parlato di Aoratos) di Naas Alcameth dei Nightbringer. Anche in questo caso Kyle Earl Spanswick fa quasi tutto da solo, a parte la batteria. In generale non sopporto le one man band (e gli pseudonimi “dungeons & dragons” nel 2020), ma questo degli Akhlys è un megadisco, lo dicono tutti e tutti hanno ragione.
Nightbringer, Aoratos e Akhlys sono tutti figli degli Emperor, se non proprio di In The Nightside Eclipse. Akhlys, forse, è quello con più atmosfera, e non solo perché in questo caso a metà Melinoë c’è una traccia dark ambient con ambizioni cinematografiche tipo quelle di Atrium Carceri. È un vecchissimo discorso, ormai: il black metal disegna paesaggi sonori, non sta lì solo per ficcarti una lama di ghiaccio in bocca. Questo Satana lo sa e lo sa pure Kyle, che scrive le istruzioni per l’uso dell’album nel titolo e nel testo di “Somniloquy”: Melinoë è una divinità greca che porta incubi agli uomini e qui gli fa da Musa, consegnandoli sogni di morte e altre amenità.
Senza copiare troppo nessuno, almeno non stavolta, Akhlys porta con sé grandissimi riff, taglienti e melodici, blast beat e in generale colpi di batteria devastanti, linee di synth e campionamenti adatti al suo “racconto” e per nulla raffazzonati o – peggio – caricaturali. I quattro episodi del disco, due prima e due dopo la “traccia-intervallo” alla quale ho fatto cenno, sono di sicuro ipnotici, come scrive Debemur Morti, ma non per questo monocordi o giocati su di una sola trovata.
Insomma, comprare.