AÏSHA DEVI, Death Is Home
Dicono che il meticciato sia la migliore soluzione per la continuazione della specie. Arricchisce, rinforza, apre. Lavorando su una base di circa 7000km arriva al terzo album Aïsha Devi, produttrice e artista a tutto tondo, radici nepalesi e domicilio elvetico, dove da Ginevra muove le fila di Danse Noire. Death Is Home è suono elettronico, gioco di specchi e fumi d’incenso. Il suono è preciso e pungente, sfuggente e rituale. È un disco dove Aïsha tesse fili che in qualche modo la riavvicinano a una figura paterna mai conosciuta, tra l’altro un percussionista. Questa spinta trance ed ascetica conduce chi ascolta in una condizione dove forse il movimento di energie potrebbe avvicinare queste entità. Musica soul, che prende dalle tradizioni e dalle tecnologie per rendere più luminoso il proprio messaggio. Con Unborn Yet Alive c’è un cambio d’atmosfera, con un twang fragoroso che incrocia Oriente ed Occidente in un gorgo intenso e profondo. I brani sono spettrali ed intensi, abbattono i confini ed uniscono luoghi dove parole come culto, trascendenza e battito assumono significati ambivalenti, creando comunioni inaspettate. Un disco di ritmo, profondità, ispirazione. Bello sarebbe viverlo nelle sue due accezioni, nel basement di Danse Noire e in un dancefloor a Katmandú, ma anche in una sera solitaria, in auto o in cuffia, trasporta in luoghi mai visti.