AESTHETIC MEAT FRONT @ Decadence, 6/2/2015
Bologna, Qubò.
Meno di un mese dopo l’imperdibile concerto dei Brighter Death Now organizzato da Old Europa Cafe all’interno di una delle serate del Decadence al Red Club, ci si sposta al Qubò in centro a Bologna per un’altro evento all’insegna della cultura targata Decadence e delle ramificazioni post-industriali. Aesthetic Meat Front, mostro alato di Louis Fleischauer, è un’incarnazione del connubio incestuoso fra musica e performance: la prima guarda a un industrial ambient rituale, non simbolista, anzi iconoclasta e nichilista; la seconda invece è meccanica, autodistruttiva non per redenzione bensì per estetica e adorazione della carne. Uno dei risultati, infatti, è la meccanizzazione del corpo e il suo conseguente marcire, un processo inevitabile che risalta le fragili pulsazioni al nostro interno (cuore, scroto, stomaco)… ma andiamo con ordine. Arrivato al Qubò molto presto, visto che l’orario esatto del live non è stato specificato, assisto all’applicazione di un dresscode categorico che lascia fuori molti (e permette a questo tipo di serate di vantare un’atmosfera unica). Una volta entrato mi immergo nel clima, libertino e accogliente. Chi è venuto solo per il concerto, però, patisce un’eterna attesa, visto che fino alle due il palco rimane una nuda presenza. Nonostante ciò, di cose da fare all’interno del Qubò ce ne sono: varie sale con diversi dj set, musicisti neo-classici, spettacoli di vario genere e molte altre attività che non possono essere raccontate. In questo contesto, all’interno della sala più grande, pian piano le musiche di sottofondo svaniscono per lasciare spazio a un gemito gutturale che Fleischauer aveva già iniziato ad emettere prima che gli venisse concessa tutta l’attenzione. Purtroppo il rumore di sottofondo non evaporerà mai del tutto (in pochi sono qui per la performance) e la giusta politica del “no foto” viene contraddetta da una quantità di macchine fotografiche esagerata, che toglie buon parte dello spirito iniziale. Altra aggravante la presenza di una security ignorante e irrispettosa, che disturba e distoglie l’attenzione dallo spettacolo. In ogni caso la presenza scenica è molto curata: aghi ficcati nelle sopracciglia, distorsore scotchato a un braccio e xilofono d’ossa agganciato all’altro; tatuaggi, scarnificazioni e face-painting. Dopo una continua, circolare emissione di vocalizzi, dal retro della stanza erutta un alto suono di cornamusa, in netto contrasto con la cupa voce di Fleischauer. Giungono sul palco tre figure mummificate (una delle quali utilizza lo strumento scozzese), che, prese da un’euforia occulta, compiono spasmodiche rivoluzioni mentre camminano. L’unica donna viene atterrata e penetrata sulle caviglie con dei ganci. I tre fantasmi guardano il pubblico, lo toccano, lo sporcano con della bile nera per attirarlo verso la loro estasi macabra. I suoni sono legati e generati dalle connessioni fra i vari componenti. I legami vengono stipulati tramite degli interventi diretti sulla pelle: spilli, ganci e altri oggetti acuminati trafiggono i corpi dei performer, uno alle labbra, due alla schiena, Fleischauer alla gola. Una molla di metallo viene attaccata a queste appendici e le sue vibrazioni vengono amplificate fra un appiglio e l’altro. È intorno a questo tipo di giunture che si sviluppa il live, ma il climax arriva quando il pubblico stesso ne decide le sorti. Nel momento in cui due delle figure risorte si uniscono con la molla, vengono distribuiti agli spettatori dei legnetti per percuoterla e creare il rumore che riempie la sala. Nel frattempo la ragazza viene agganciata al soffitto e si dà il via a uno spettacolo di body-suspension: qualche goccia di sangue cola dai suoi piedi mentre fluttua sopra il pubblico in una ballata tra eros e thanatos. Questo tipo di noise è molto negativo e la sua componente industriale è palesata dai materiale metallici e strumenti di pseudo-tortura. In tutto ciò Fleischauer è preso dalla più sfrenata voluttà e danza mentre si toglie gli aghi dalla fronte per dare un termine a questo spaventoso uragano di rumore.