Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

IL LUNGO ADDIO, Pinarella Blues

Il Lungo Addio

Dietro questo nome mutuato dal bel film di Robert Altman, tratto da un romanzo di Raymond Chandler, si cela l’italiano Fabrizio Testa, musicista milanese che si divide tra Parigi e la terra natia, già autore di numerosi cd-r a suo nome. Il Lungo Addio è valvola di sfogo che dobbiamo ammettere ci ha conquistati sin dal primo ascolto. In Pinarella Blues ci sono le canzoni (i testi sono tutto un programma), la sua strana voce baritonale (pensate ad un Johnny Cash più burlone) e una strisciante vena ironica che mette di buon umore. Le sue sono composizioni all’apparenza semplici, hanno però una caratteristica: vanno sempre dritte al sodo e non risultano mai banali. Il forte spleen de “L’Ultima Fotografia” (un po’ come Luigi Tenco che, rinato, si mette a cantare un pezzo di Cat Power), che si rinnova nella speculare “Il Bagno Franco”, con i cori in modalità da gioia e tristezza infinita, mentre si accenna a un incontro ravvicinato con l’altro sesso che in pratica non avverrà mai, e Testa che canta sconsolato e sincero, come nudo, “… mentre tu non mi caghi mai!”. “Agosto” ha una base ritmica piuttosto tesa, ed il suo è un incedere quasi marziale (si sentono l’afa, la paranoia, il sole che acceca). Stessa possanza ritmica e l’immancabile malinconia estiva in “Lido Adriano”, che quasi ti viene da pensare a certe pellicole Ottanta e a quando sorseggi un drink dopo una giornata di mare con la pelle che scotta dal troppo sole preso al pomeriggio. La copertina, poi, è un piccolo capolavoro tra kitsch e furbo recupero di vecchie cartoline da ufficio turistico. Se ancora non s’era capito, gli “irregolari” ci piacciono.