ACRE, Acre
Non ci si cura abbastanza, forse, di tutta una scena romana (i due Terracava forniscono le coordinate che ci servono) che negli angoli di spazi angusti, traendo ispirazione dall’excursus jazz ed elettroacustico in campo impro (basti pensare agli odierni Ossatura di Martusciello, i Lendormin, o i Routine), cerca di dare nuove coordinate a sperimentazione, composizione o all’occorrenza de-composizione (qualcuno ha detto le destrutturazioni sui generis dei Vonneumann?). Gli Acre in tal senso sembrano suggerire un possibile punto d’incontro, vuoi perché Marco uBiK Bonini, grazie alla sua Muradisuono (assieme ad altri nomi come quello di Nicola Inicolabug Alparone) ha senza dubbio una vista privilegiata sulla scena in questione, vuoi perché ciascun elemento di questo gruppo a modo suo ha già conseguito traguardi individuali piuttosto invidiabili, soprattutto in campo jazz (consideriamo anche l’esperienza nel collettivo super-allargato Franco Ferguson). Lo slancio finale è fornito dalla sinergica Megasound.
Quella di Gino Maria Boschi (chitarra e effetti), Ermanno Baron (batteria, oggetti) e Marco Bonini (elettronica assortita) è una piccola palla appiccicosa, che rotolando assorbe elementi timbrici tra i più disparati, fino a diventare un grosso amalgama gomitoloso (mi rifaccio alla copertina). Più si cercherà di snodarlo più diventerà intricato, con il rischio di rimanere impigliati (magari non durante il pavor nocturnus di “Nachtraglich” o nel bel mezzo del niente siberiano di “Tunguska”) e venire trascinati lungo rivoli collosi (“CabSightSeeing”, “Merry Go Round”) o per autunni passati tra l’appartato (“I’assalse il Sovvenir”) e il dimesso (“Delle Mute Crepe”).
È il caso di – come ci ricordano anche gli Starfuckers (gruppo che, anche se non di primissimo acchito, deve probabilmente aver significato qualcosa per questo trio) – “portare ogni conseguenza sino al suo estremo”? Sì, ma solo dopo aver estratto, per evitare fraintendimenti, qualsiasi radice (contro)culturale no-wave punk e aver applicato su quel che è rimasto della mera materia musicale una sorta di reductio ad absurdum. Contaminazioni pseudo-vaporwave come nel “Il Pasto Crudo”, con chitarra e batteria nel frattempo a punteggiare sgangherate, o le sincopate spregiudicate di “Loft”, con rimasugli demenzial-plunderphonici a intercalare, fanno infatti parte dell’assunto Acre sulle “libere strategie” eventuali, dunque possibili.
Impigliato, vi saluto.
Tracklist
01. Tunguska
02. Bad Cluster
03. Flâneur
04. Il Pasto Crudo
05. …L’Assalse Il Sovvenir
06. Cab Sight Seeing
07. Merry – Go – Round
08. Loft
09. La Soffitta Di Else
10. Nachträglich
11. Delle Mute Crepe