ACID ROOSTER, Ad Astra

Sebastian Väth e Steffen Schmidt hanno fondato gli Acid Rooster insieme a Max Leicht a Lipsia nel 2017. I due sono anche la sezione ritmica della nuova versione della storica band alt-garage Suzi Cream Cheese, ma – assieme a Leicht – Väth e Schmidt si allontanano da quelle sonorità, fino a perdersi nei meandri di uno space-rock cupo e meditativo.

Dopo una prima cassetta (Live At Desi, del 2017), gli Acid Rooster hanno pubblicato una manciata di lavori: un primo album omonimo per Sunhair Music nel 2019 e anche un ep nel 2021, all’esordio con Cardinal Fuzz. Il nome dovrebbe far drizzare le antenne a molti: Irrlichter emana vibrazioni kosmische e Germania anni Settanta solo dal titolo. Non che sia molto diverso l’esito di questa nuova uscita, Ad Astra, per l’etichetta dell’Alabama, da sempre attenta a certe esplorazioni: solo due brani, ma lunghi più di venti minuti l’uno. La prima suite, “Zu Den Sternen”, calca le imprese lisergiche della Ohr e si muove dalle parti degli Ash Ra Tempel di Schwingungen. A “Phasenschieber”, come da manuale, il compito di portare lo space-rock del primo pezzo in un’oasi elettronica meditativa, che collassa in un gorgo di synth e chitarre. Le liner-notes richiamano altri nomi altisonanti per stabilire un paragone: Spacemen3, Amon Düül II, Tangerine Dream, ma anche band più recenti come i Wooden Shjips di Eric Ripley Johnson. Come si sarà certamente capito, non ci vuole molto per descrivere la musica degli Acid Rooster: pigiate play se volete contemplare l’orrore cosmico sulle rive del Reno.